Take care of your soul

gennaio, prima settimana, martedì, pomeriggio

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    ONE DAY YOU'RE GONNA WAKE UP AND FIND THAT NOBODY IS BY YOUR SIDE
    RUTHIE HAYNES
    Ero tornata a Mystic Falls solamente per un motivo, perchè non mi piaceva lasciare le cose in sospeso. Non ero scappata da qualcosa o da qualcuno, avevo semplicemente scelto di affrontare il mio timore più grande, il passato, comprese la mia famiglia e la mia vecchia vita. Pensandoci bene, era stato come fare un tuffo nel passato, tornare indietro col tempo e vivere la vita di una ragazzina appena maggiorenne la cui sola preoccupazione era rientrare in orario a casa per non sorbirsi la ramanzina dei genitori. Bastava così poco per rovesciare le carte in tavola, per sprofondare nel baratro. Non sarebbe servito il tempo per rimarginare le ferite, non stavamo parlando di una gamba rotta o di un taglio profondo per cui sarebbe stato sufficiente un po' di riposo e di pazienza. La ferita in questione si trovava all' interno, un interno che nemmeno il chirurgo più bravo del mondo sarebbe riuscito ad operare, la mia anima. Era stata marchiata, segnata dalla morte di Jay, e probabilmente non sarei mai riuscita ad accettarla completamente. Facendo il tuffo al passato e tornando così a casa, però, mi aveva aiutata a sfogare tutto il dolore represso dentro di me e adesso stavo molto meglio. Sarei tornata a casa quando avrei sentito il bisogno di parlare con qualcuno, di sfogarmi e di sentirmi protetta.
    Era tardo pomeriggio quando decisi di mettermi in macchina e andare a fare un giro per le strade deserte e rabbuiate della cittadina, la domenica era come una giornata di festa, sembrava che tutti stessero dormendo o si fossero quanto meno rintanati nelle loro case. Ed io approfittavo di queste giornate grigie per fare i conti con me stessa e riflettere un po'. Sebbene a primo impatto potessi dare un' impressione superficiale, mi piaceva ogni tanto ripensare a quello che mi era capitato nell' ultimo periodo e fare una sorta di bilancio. E quale posto migliore del bosco, la spiaggia, le cascate? Stavolta scelsi proprio quest' ultime, in quanto non c' ero mai andata prima d' ora. Parcheggiai la macchina qualche metro prima di raggiungere il posto, fuori dalla carreggiata per l' esattezza, e poi continuai il percorso a piedi seguendo il rumore dell' acqua. Nel giro di cinque minuti, raggiunsi il piccolo lago dove sfociava l' acqua delle cascate, circondato in tutto il suo margine da alberi e vegetazione varia. Una visione a dir poco incantevole si parò davanti ai miei occhi, facendomi arrestare per osservare la bellezza della natura. Sembrava la prima volta che vedessi delle cascate, tant' era il mio stupore. Mi distesi ai piedi d' un albero, con un braccio dietro la nuca e con lo sguardo rivolto al principio delle cascate. Il rumore dell' acqua, il verso di alcuni uccelli, il profumo di vegetazione, la leggera umidità che s' innalzava dal laghetto: era una sensazione quasi paradisiaca. In quel momento realizzai che non mi mancava proprio niente: mi ero ricongiunta con i miei genitori, non ero più sola al mondo senza nessuno a cui importasse di me, avevo un lavoro, una casa. Forse qualcosa che mi mancava c' era, l'amore. Mi chiedevo se un giorno anch' io mi fossi innamorata perdutamente di qualcuno, se potessi trovare l' amore della mia vita e raggiungere finalmente la completa felicità, quella in cui vedi il mondo tutto rosa e fiori, in cui non ti manca davvero niente. Comparve all' improvviso il viso di Claude, in netta fusione con il flusso d' acqua che cadeva violento e delicato al tempo stesso. Beh, lui rappresentava il principale motivo per cui ero ritornata a Mystic Falls, avevo desiderato ardentemente di rivederlo un' altra volta e così era stato. Un incontro piuttosto particolare, il nostro, durante il quale avevo provato difficoltà ed imbarazzo nel relazionarmi con lui. Era stato come se non ci conoscessimo, come se fossimo due perfetti sconosciuti alle prese con il primo appuntamento, quando invece tra noi non c' era mai stato imbarazzo o timidezza. In questo preciso momento, Claude rappresentava un grosso e gigantesco punto interrogativo: non ero ancora riuscita ad interpretare i miei sentimenti nei suoi confronti, io mi sforzavo ma non c' era verso di capire cosa fossimo io e lui. Una coppia non ufficiale, legata da una relazione invisibile senza particolari restrizioni e regole, oppure due semplici conoscenti che passavano il loro tempo libero insieme giusto per combattere la noia? Ci avrebbe pensato il tempo a dare una risposta a questa domanda.
    Presa da un attimo di pura follia, mi alzai in piedi e cominciai a spogliarmi degli indumenti che avevo addosso, a cominciare dalla giacca per poi restare solo con l' intimo. Mi avvicinai lentamente alla riva di quella specie di stagno e mi tuffai impavidamente, constatando piacevolmente che l' acqua non era poi così tanto fredda.

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    Per Nikolaj ♥
     
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    Mille e più gli anni passati sulla Terra a vagare e vagabondare senza mai una meta concreta. Diversi i secoli lasciati alle spalle come cadaveri maleodoranti da nascondere dentro armadi abbastanza grandi da contenere più d'un misfatto, diverse le distrazioni, le passioni, i dolori, i sentimenti. Difficile per un uomo del proprio spessore potersi definire in qualche modo, sebbene di tempo ne avesse avuto e indubbiamente anche momenti bui: in coscienza e sincerità non aveva mai avuta la necessità di etichettarsi in qualche modo, né interrogarsi su quello che era il proprio scopo di vita. Dapprima, quando egli fu un giovane vampiro, sentì il disperato bisogno di godere a pieno delle nuove abilità che madre natura - Rebekah - gli aveva donato, in seguito - dopo che ella fece di lui un semplice passato remoto - si decise a cogliere ogni fiore puro e deturparlo al punto ch'esso non potesse essere riconosciuto nemmeno dalla famiglia stessa. Diversi, quindi, i periodi che quel personaggio aveva passati, diverse le fasi che quell'animo rude e incompleto si era visto subire. Erano mesi ormai che alloggiava in Francia, nelle bellissime cittadine del Nord che adorava per la classe e l'arroganza ostentata dai propri cittadini: adorava con ogni modo l'impertinenza delle donne francesi, sempre pronte a ostentarne una più del diavolo. Si era però stufato di quei sobborghi, tanto da ritenerli forse monotoni nell'insieme: nessun Vampiro si azzardava a disturbarlo, infatti non vi era più l'ombra di divertimento allo stato puro se non di sesso, sesso e ancora sesso. Si era quasi irritato all'idea di trascorrere ancora tempo lontano dalla propria figlia e, chissà perché quel nome sembrava accoppiarsi bene al nome della propria fanciulla, Tristan, il primo e unico figlio Vampiro che ebbe modo di generare. Decise quindi di informarsi circa sulle posizioni dei propri cari, soprattutto quelle degli Originali, e fu piacevolmente sorpreso quando scoprì che la maggior parte dell'attività soprannaturale confluiva completamente nella cittadina di Mystic Falls. Presosi dalla foga, circa una settimana prima dell'ordierno incontro, si decise a trasferirsi lasciandosi alle spalle, ovviamente, dei cadaveri, cuori spezzati, ma soprattutto vergini tramutate in spogliarelliste d'alto borgo. Adorava trasformare le donne pure in emblemi di perdizioni, allo stesso modo Rebekah l'aveva trasformato in qualcosa che difficilmente sarebbe divenuto. Difficile affermare che Nikolaj avesse perso completamente il senno o l'integrità morale, desiderava solamente sfogare le proprie frustrazioni sugli altri: poteva forse essere biasimato, dopo l'eternità vissuta in quel mondo?
    Ed eccolo dopo una settimana dalla precedente prefazione, in parte ambientato in quella cittadina che pullulava di creature della notte. Aveva subito sentito più d'un odore familiare: passando dai Vampiri agli Ibridi, si era poi imbattuto a quello delle Streghe, un pozzo infinito di potere per i Vampiri. Era rimasto nell'ombra ad osservare le dinamiche che si creavano tra le stesse creature, fino a giungere alla conclusione che gli Originali quasi collaborassero coi comuni Vampiri e che le Streghe fossero loro asservite, sebbene non tutte. Rise all'idea che quella distorta realtà potesse allietarlo e forse soddisfarlo, e sebbene non avesse mai vantato il bisogno di avere una strega al proprio fianco, se non per l'anello diurno del quale disponeva da secoli, quasi s'infatuò all'idea di possederne una. Se non come oggetto, anche solo come plateale conquista: l'idea che un Vampiro potesse legarsi al proprio anatema quasi risultava vittoriosa. Assaporò già il sapore della vittoria, sebbene si mostrò più paziente del solito. Quel giorno lo trascorse nella totale noia: aveva deciso di insegnare all'unità di Mystic Fall, così da poter tramandare parte delle millenarie conoscenze e poter, tra le tante cose, interagire con quelle dolci creature che si fingevano comuni mortali. Il lato positivo restava il fiuto infallibile sviluppato negli anni: aveva quasi gradito, nei secoli, l'odore dei Mannari stessi e delle Streghe, che quasi puzzavano all'inizio, ma che oggi risultavano quasi ammalianti. Specie le giovani donne facenti parte di entrambe le razze.
    Decise di recarsi in uno dei luoghi Mistici, le cascate della cittadina, al fine di poter rilassare i propri animi, data l'impazienza. Non aveva ancora incontrata la propria figlia né tanto meno Tristan e sebbene fosse consapevole che in tutto questo egli avesse le proprie colpe, fremeva all'idea di interagire con loro, specie per constatare quanto fossero cresciuti in quel periodo passato in lontananza e solitudine.
    Salì sulla propria auto e attraversando le strade della città si rese conto di quanto essa risultasse spenta agli occhi d'un cittadino, la quale sarebbe risultata forse una città fantasma agli occhi d'un passante, turista o quel che sia. Raggiunto il luogo prefissato, posteggiò dietro un'auto che parve non riconoscere come già vista, ma indifferente qual'era scese e la ignorò dirigendosi verso la riva.
    Notò subito in lontananza una figura immergersi nell'acqua, ma non poté osservarla in modo tale da etichettarla in qualche modo, cosa che era consueto a fare, finché - avvicinatosi poco più - non sentì un odore che gli penetrò le narici. Strega. Balcoin. Sentì tanto potere derivante da quel corpo, ma ebbe subito il dubbio ch'ella non l'avesse mai utilizzato, perché sembrava così puro da far quasi ribrezzo: persino la strega bianca pur nobile s'era compromessa con maledizioni o impuri malefici.
    Rise, quando vide emergere dall'acqua una chioma bionda di capelli e quasi si compiacque all'idea che ella potesse trovarsi lì tutta sola, in quell'atmosfera così tetra e rilassante.
    Si sedette vicino al luogo dove la stessa aveva lasciati i propri indumenti e, incrociate le gambe al petto, stette fermo ad osservarla quasi fosse un'insicura e debole creatura priva di secondi fini. Le sorrise arricciando le labbra, quasi intimidito, quando ebbe modo di incrociare le bellissime iridi delle quali la stessa disponeva.
    «Non temi di poterti imbattere in un affascinante sconosciuto, signorina Domandò sorridendo con beffarda ironia, mostrando la propria perfetta dentatura e le iridi sottili, lasciando che le fossette si facessero spazio nelle proprie guance. Osservò attentamente il sinuoso corpo che vi si parò davanti, il bellissimo seno costernato dal reggiseno bagnato e quindi aderente; ne era impassibile date le donne avute e possedute nel millennio e più dal quale proveniva, ma non poteva certo ignorare così tanta bellezza, no, no di certo. Porse la propria mano alla giovane, facendo per presentarsi, restando comunque seduto. «Nikolaj, l'affascinante sconosciuto.» Rise, sebbene in modo elegante e garbato, sorridendo genuino alla giovine donna.


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    Mystic Falls non era esattamente la città dei sogni, dove venivano da tutto il mondo per ammirare e visitare dei particolari monumenti storici o semplicemente per trascorrervi una vacanza. No, non era niente di tutto ciò. Io stessa non l' avevo scelta ma ci ero capitata per pura casualità, dopo essere passata da un mezzo di trasporto a un altro senza nemmeno farci caso, come se fosse destino che io capitassi in quella cittadina sperduta della Virginia. Sin dal primo momento in cui avevo messo piede in quella terra avevo provato un senso di incompletezza e di tenebroso che mi angosciava il più delle volte, poi invece col passare del tempo mi ero abituata agli abitanti e al posto, facendone definitivamente parte. Avevo pensato di tutto, che fosse un posto per sfigati e depressi, privo di vita e di energia, ma mai avrei immaginato anche solo lontanamente che vivessero creature sovrannaturali come i vampiri. Ebbene sì, gli stessi esseri immortali che si nutrivano di sangue e che si potevano incontrare unicamente tra le pagine di un libro di fantascienza abitavano Mystic Falls ed io non ne sapevo un bel niente. Era come sentirsi un minuscolo ago in un pagliaio, un' insignificante formica nel bel mezzo di una foresta. Scoprirlo attraverso Claude, però, non era stato poi così negativo: mi aveva aiutato ad accettarlo più velocemente e soprattutto nei giusti modi. Certo, avere a che fare con un uomo che desidera ardentemente il tuo sangue non era una cosa tanto normale, ma neanche tanto tragica come all' inizio. Dopo tutto non era così terribile: bastava semplicemente che lui tenesse a freno i suoi istinti vampireschi e le cose sarebbero andate per il verso giusto.
    Era da tanto che non mi lasciavo andare completamente alla mia pazzia. Ultimamente avevo fatto un vero e proprio percorso interiore che mi aveva allontanata dalla Ruthie pazza e libera come l' aria, ricordandomi che non era poi così terribile lasciarsi andare ai sentimenti umani. Ma si sa che il troppo stroppia, infatti avevo sentito la necessità di ripristinare - anche se momentaneamente - la mia assoluta libertà. Mi tuffai, perciò, sotto le cascate, senza preoccuparmi di come avrei fatto dopo ad asciugarmi data la stagione invernale. Non avevo sentito il freddo, tant' era stata l' eccitazione per il gesto sfrontato. Era stato come respirare dopo un' infinita assenza di ossigeno, una sensazione indescrivibile. Al riemergere dall' acqua, però, il pieno inverno si fece sentire benissimo, al che fui costretta ad uscire per cercare di asciugarmi nel minor tempo possibile. E fu proprio in quell' istante, quando uscii fuori dall' acqua, che mi si parò davanti una figura maschile mai vista prima d' ora. Non era un ragazzino depravato, piuttosto un uomo adulto - e anche ben piazzato fisicamente - che aveva preso posto ai piedi dell' albero dove poco prima era sdraiata la sottoscritta.
    «Non temi di poterti imbattere in un affascinante sconosciuto, signorina?» Per un attimo mi venne in mente il primo incontro con Claude, quando si era intrufolato nel camerino del locale dove lavoravo con la scusa di provarci spudoratamente, forse per il tono con cui si era rivolto a me lo sconosciuto. Lo guardai qualche istante, studiandolo appena di sfuggita, mentre con entrambe le mani andavo a comprimere i capelli zuppi d' acqua. Non mi faceva paura, magari poteva anche essere il criminale più ricercato in America, con una fedina penale piuttosto pesante, ma non provavo timore nei suoi confronti. Al contrario, ero indecisa se rispondergli e dargli corda oppure restare in silenzio, rivestirmi e andarmene via. Ovviamente l' istinto ebbe la meglio sulla saggezza, che non mi caratterizzava più di tanto. "No, se lo sconosciuto sei tu." risposi con un tono abbastanza freddo e pungente, ostentando sicurezza e determinazione anche attraverso lo sguardo. Restare un attimo di più in quel posto, di fronte a lui che aveva deciso di farmi una lastra accurata e dettagliata non mi sembrava il caso, anche perchè i suoi occhi da depravato addosso al mio corpo semi nudo cominciavano a darmi fastidio, sebbene fossi abituata a stare al centro dell' attenzione. «Nikolaj, l'affascinante sconosciuto.» Si presentò, poi, come se non fosse bastata la mia risposta piuttosto acida. Scrutai la sua mano che tendeva nella mia direzione in attesa di una vigorosa e cordiale stretta per coronare una nuova conoscenza, cosa che non avvenne. "La modestia ti appartiene, vedo..." dissi con tono sarcastico, lasciandomi sfuggire un sorriso ironico mentre mi avvicinai a lui solamente per raccogliere da terra i vestiti asciutti. "...e il tuo fascino, lascialo giudicare agli altri, Nikolaj." aggiunsi, poi, offrendogli gentilmente e cordialmente un consiglio che avrebbe fatto bene a custodire, mentre incrociai il suo sguardo col mio. Lo salutai con un sorriso carico di disprezzo, per poi stringere fra le mie braccia gli indumenti e incamminarmi dove ero venuta. Avrei preferito prendermi una febbre a 40, piuttosto che restare un secondo di più a parlare con un altro pompato.

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    Piacevole risultava stare ad osservare una giovane creatura che si muoveva a proprio agio e completamente disinvolta, ignorando - o comunque, non prendendo in considerazione, quanto potesse essere pericolosa la vita. Forse egli si sentiva in dovere di giudicare in silenzio perché nei suoi mille e più anni ebbe diverse occasioni nelle quali costatare quanto l'apparenza potesse ingannare; immediato era la vicenda avente come protagonista Rebekah, la dolce venere bionda che l'aveva tramutato in vampiro a causa d'una semplice disputa. Egli, costretto ad abbandonare moglie e figlia si era visto non solo nella condizione di tener conto della propria padrona ma anche di resistere al subbuglio interiore causato da quella transizione. L'animo, i sentimenti, le passioni, tutto era stato tramutato da quella trasformazione, ignorando ovviamente le futili considerazioni riguardanti il corpo: effimere sarebbero risultate, dato che ormai risultavano alla portata di chiunque. Tali le ragioni che avevano spinto il Vampiro ad osservare e scrutare con occhio critico e assolutamente severo le creature umane, di qualsiasi sesso esse fossero: rispettava molto la vita umana, per la semplice ragione che anch'egli fu padre e mai avrebbe desiderato che un mostro tramutasse in abominevole ombra la propria progenie, cosa comunque accaduta. Era comunque abbastanza abile nel profanare nudi e pallidi corpi di vergini di tutto il mondo, giocare oltremodo a sedurre donne sposate e compromesse già nell'animo e nel corpo, ma rare volte si permetteva di uccidere esseri umani. Magari si era lasciato trasportare dalla prorompente ferocia sorta in lui in seguito la trasformazione, ma solo per qualche decennio o poco più, anche perché a seminare il terrore vi pensavano già gli Originali. Marpioni loro.
    Nonostante adorasse osservare quel corpo semi nudo e candido, dalla pelle rosea e morbida alla sola vista, mai avrebbe osato martoriarlo: forse di baci, di incandescenti carezze, ma mai di morsi. La peculiarità dell'avere molti anni alle spalle, restava l'elevato autocontrollo che gli permetteva non solo di nutrirsi raramente, ma soprattutto di non indisporsi per niente alla vista di sangue o - come in quel caso - di meravigliose donne, compromesse. Poteva chiaramente quanto la ragazza fosse già avviata alla sessualità, i suoi odori erano nettare di puro piacere per Nikolaj, il quale poteva percepire anche quell'aura oscura ancora celata pronta ad esplodere.
    Stette ad osservarla attentamente, approfittando dell'istante in cui la stessa toccò i suoi capelli, liberandoli dall'acqua ch'essi contenevano sebbene solo in parte, per poter osservare il corpo asciutto e ben messo, specie per una ragazza di così giovine età. Sorrise, con fare saccente, rendendosi conto di quante concorrenti avesse la bella Rebekah: al tempo poteva forse risultare unica tra le tante, ma oggi i ceppi umani si erano migliorati. Molto.
    "No, se lo sconosciuto sei tu. Adorava l'intraprendenza delle giovani e adorava immaginare la propria figlia alle prese d'una situazione analoga: come avrebbe reagito? Sorrideva, oltremodo, stupendosi di quel carattere così spigliato e pieno di consapevolezza personale. Egli non era un maschilista, nonostante profanasse più corpi che altro, adorava osservare l'ascesa delle donne sotto i propri occhi che, finalmente, iniziavano a rivendicare quelli che erano i propri diritti, anche solo con frasi piene di enfasi. Stette ad osservare ancora un po', soffermandosi nelle chiare iridi così diversi dalle proprie - che, tendenzialmente, appartenevano a pochissime genti, dato che erano caratteristiche del Vichingo Impero d'oltreoceano -. "La modestia ti appartiene, vedo..." Alzò le spalle a mo di totale indifferenza, sorridendo pieno di sé e ammirando, ancora, l'impavido gesto della giovane volta a non stringerli il palmo della mano bensì a raccogliere i propri indumenti. "La modestia ti appartiene, vedo..." Annuì, meno sorridente questa volta, ricambiando a pieno il sorriso pieno di disprezzo ch'ella gli rivolse; storse il naso, quasi stupito, osservando quel corpo sinuoso che s'allontanava lentamente. Incrociò le bracca al petto, per poi decidersi a parlare.
    «Gradisco la vista del tuo bel fondoschiena, signorina, ma mi dispiace vederti così adirata nei miei confronti: ho forse turbato il tuo animo? Stringermi la mano, rivolgermi un sorriso, dirmi il tuo nome, ti sembra troppo?» S'incamminò lentamente verso di lei, finché una volta raggiunta non le si pose dinanzi. Stette ad osservarla arricciando le labbra, non tanto per compiacerla bensì per riflettere attentamente su cosa fare, se rivolgerle o meno delle attenzioni. «Questo deve esserti caduto...» mormorò con un filo di voce, afferrando lentamente il palmo della mano di lei fino a stirarle il braccio per metterle, infine, un braccialetto al polso che aveva trovato vicino gli indumenti poco dopo essersi accomodato. Una volta messo il bracciale sciolse la presa, rivolgendole uno sguardo sereno e rilassato, facendosi da parte così da permetterle il passaggio.


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    Non avrei immaginato di imbattermi in misteriosi sconosciuti intenti ad infastidirmi come il pompato che avevo davanti ai miei occhi e che mi guardava sfacciatamente. Tutto ciò che volevo era starmene da sola, riflettere e godermi la pace dei sensi, cosa che invece mi era stata impedita da Nikolaj, l' affascinante sconosciuto. In un primo momento, dovevo ammettere che non ero il massimo della socievolezza, questo perchè tendevo a mettere davanti una sorta di scudo per farmi stare alla larga dai pericoli e dalle persone fastidiose. Questo atteggiamento con Claude non aveva portato a niente di buono, visto che avevo finito per cedere alle sue provocazioni. Conoscendolo meglio e venendo a conoscenza di ulteriori pericoli a Mystic Falls, non mi sembrava il caso di rimanere ad intrattenermi con uno sconosciuto nel bel mezzo di un posto abbandonato a sé stesso. Il fatto che io non lo temessi non significava che dovessi comportarmi da incoscente e rischiare la mia vita per la mia stupida sfrontataggine.
    Facevo la dura, quella tutta d' un pezzo che non aveva dato un minimo di confidenza all' uomo, eppure avevo l' impressione che da un momento all' altro mi sarei lasciata andare al mio istinto. Non c' era niente da fare: potevo trattenermi quanto volevo, avvalermi di quel pizzico di razionalità che avevo dentro e riflettere prima di agire, ma la verità era che non potevo controllare e raffreddare il mio istinto, perchè era ciò che mi caratterizzava di più e senza di esso probabilmente molto presto sarei diventata noiosa.
    «Gradisco la vista del tuo bel fondoschiena, signorina, ma mi dispiace vederti così adirata nei miei confronti: ho forse turbato il tuo animo? Stringermi la mano, rivolgermi un sorriso, dirmi il tuo nome, ti sembra troppo?» Non mi sembrava troppo, assolutamente. Ma sapevamo entrambi cosa si era messo in testa, il suo apprezzamento e il suo sguardo lasciavano intendere tutto tranne che volesse stringere una casta amicizia. Quindi avevo scelto di non stringergli la mano, perchè non ero solita fare amicizia con qualcuno in queste circostanze, in questo modo. Trovavo il suo modo di approcciarsi del tutto sbagliato, eppure una piccola parte di me desiderava che continuasse ad insistere. Nel frattempo, mentre lui parlava e si lamentava per il mio comportamento, io avevo cominciato a camminare ancora mezza nuda verso la macchina. Lo lasciai parlare, ignorando la sua voce e il fatto che mi stesse seguendo. "Mi sembra troppo e anche inutile per quello che hai in mente. Mi dispiace, straniero, il tuo scopo non è condiviso dall' altra parte." gli risposi continuando a camminare con passo determinato, senza neanche voltarmi per guardarlo in faccia. L' ipocrisia, proprio non la sopportavo. Voleva stringermi la mano, che mi presentassi a lui rivolgendogli anche un sorriso, ma secondo me avrebbe risparmiato tempo e fatica nell' ammettere direttamente che mi voleva. Sarebbe stato stupefacente, peccato che uomini schietti fino a questo punto non esistevano. Il signorino, nonostante il mio palese rifiuto, mi si piazzò di fronte intralciando il mio cammino e costringendomi inevitabilmente a fermarmi. «Questo deve esserti caduto...» Abbassai lo sguardo istintivamente e rimasi immobile ad osservare tutta la scena in cui afferrò il mio braccio e mi allacciò il braccialetto che mi era caduto poco prima alla riva. Si trattava di un braccialetto che mi aveva regalato mia madre prima che me ne tornassi a Mystic Falls, disse che non dovevo toglierlo mai, perciò era stato un bel gesto da parte sua riportarmelo. Quel contatto, poi, era stato piuttosto destabilizzante, la sua presa decisa e delicata al contempo. Alzai lo sguardo per incrociare i suoi occhi celesti e lessi in quelle iridi di ghiaccio una serenità e una pacatezza inaspettate, tali da rilassare anche me. Non mi avrebbe fatto del male, non in quel frangente per lo meno. Era una sensazione strana, mi sentivo un insignificante pezzo di metallo nelle vicinanze di una gigantesca calamita. Osservai intensamente per qualche istante le sue iridi celesti, d' un tratto confusa e non più tanto convinta sul mio radicale rifiuto. Distolsi lo sguardo da lui, da quegli occhi che mi avrebbero solamente invitato a non resistergli, e mi allontanai da lui schiudendo appena le labbra. Stavo respingendo i miei istinti, opponendo resistenza ai miei impulsi, dando ragione alla parte più riflessiva e saggia di me, ignorando definitivamente il principio fondamentale della mia personalità: il mio spirito libero. Eppure, ad ogni passo che mi avvicinava all' auto e di conseguenza mi allontanava da lui, mi sentivo mancare l' aria, come se stessi andando in apnea sempre più profondamente. Se me ne fossi andata me ne sarei pentita amaramente e, soprattutto, non avrei mai capito quanto fossero rilevanti i miei sentimenti per Claude. Di colpo mi fermai e lasciai cadere a terra i vestiti che tenevo tra le mie braccia, presi un bel respiro e mi lasciai guidare dalla solita Ruthie, quella che se ne fregava di tutto e di tutti ed ascoltava solamente il suo istinto. "E se il tuo scopo fosse condiviso?" domandai con tono serio, voltandomi verso di lui ed aspettando una risposta da parte sua. Adesso ero stata io a provocarlo, o meglio gli avevo dato la possibilità di approfittare di me prima che ci ripensassi.

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    Dannarsi per gli innumerevoli anni passati in quella Terra a vagabondare, poteva risultare quasi inutile e, su certi versi, assolutamente ridicolo. In effetti aveva ormai perso il proprio obiettivo, quello che il proprio padre gli aveva impiantato dentro prima della trasformazione, che consisteva nel risollevare la stirpe Starkad della quale si faceva erede e depositario. Ovvio che ormai avesse persa la retta via, ma in momenti come quelli quasi ringraziava gli anni nei quali era sopravvissuto soprattutto a sé stesso piuttosto che ai Demoni che l'avevano tormentato. Fosse stata una giovine creatura appena creata, con ancora in corpo l'umano nettare che dopo settimane sarebbe sparito definitivamente, probabilmente non avrebbe beato di quel contatto, mentre in quell'istante poteva percepire la carne morbida e vellutata della giovine bionda che aveva modo di carezzare. Poteva apparire assolutamente indifferente, e la cosa forse lo infastidiva un tantino: non sentiva più l'eccitazione derivata dal terrore che la propria natura potesse essere rivelata. Ormai aveva imparato a fingere bene: dosi massive di caffè e un autocontrollo senza eguali. Il terrore, la frenesia, la voglia di consumar presto l'effimera passione che gli scorreva dentro tra brandello a brandello di carne, s'era affievolita, come del resto la voglia di compromettersi all'idea di tradire la propria moglie: superate risultavano le umani emozioni nascoste dentro un cassetto chiamato coscienza in un deposito chiamato cuore. Risultava però gradevole l'evoluzione - o involuzione ai primordiali istinti? - subita dalle donne in quell'epoca. Ai propri tempi toccare una donna significava giurarle dolcezza, indurla al matrimonio e quindi relegarsi ad essa con o senza amore, mentre adesso le donne potevano essere toccate senza poi troppe compromissioni. Osservava attentamente le iridi della giovane mentre cercava di percepirne l'essenza appena assaporata poco prima: era raro trovarsi una venere così potente dinanzi, soprattutto con un potere ancora incontaminato; indurla alla tentazione non sarebbe stato compito suo, ma di certo si sarebbe appellato a quel loro incontro quando ella avesse affinato quelle capacità. Si, l'avrebbe fatto, perché nella propria millenaria vita aveva avuto si e no la fortuna di incontrare nemmeno una cinquantina di streghe con quel tipo di potere, tutte in luoghi del mondo diversi, ma soprattutto molte compromesse da altri vampiri. Pura, gli sembrava, la giovine.
    ""Mi sembra troppo e anche inutile per quello che hai in mente. Mi dispiace, straniero, il tuo scopo non è condiviso dall' altra parte." Non s'offese, non lo fece per semplice decenza personale. Non era più il tempo per comportarsi d'altezzoso principino quale egli era stato al tempo ove suo padre al era potere in gran parte dei paesi del Nord. Si limitò a sorriderle, non nascondendo affatto il proprio desiderio che lo vedeva intento a corteggiare quel corpo pur di poterlo assaporare a pieno. Sapeva di avere un forte ascendente sulle donne, e non tanto per la propria esperienza, anzi: l'effetto era dovuto a quell'aspetto così ingenuo e forse da sempliciotto; quelle iridi ingannavano, avevano ingannato Regine e Principesse, Contesse e Cortigiane, Nomadi e Amazzoni: perché non potevano ingannare Lei?
    Si stupì quando, dopo averle messo al braccio quel braccialetto che odorava di Verbena, Ella si perse nei suoi occhi. Le sorrise con fare sinceramente ingenuo, sorpreso, finché la stessa non fu tanto turbata da allontanarsi: non disse niente, non ebbe la presunzione di offenderla in qualche modo. Avrebbe potuto avere qualsiasi altra donna, non si sarebbe certo fermato a costringere una così giovane promettente strega a sottomettersi al proprio di volere. Si passò la lingua tra le labbra, continuando a contemplare quel corpo che comunque non avrebbe smesso di desiderare così in fretta, semplicemente perché tanto diverso dalla casta realtà parigina, la quale rifletteva a propria volta le caste e composte usanze d'un tempo prossimo al suo, precedente all'attuale.
    "E se il tuo scopo fosse condiviso?" Incrociò ancora di più le braccia al petto e s'imbronciò a pieno, lasciando che le proprie iridi s'incupissero e le proprie labbra s'inasprissero quasi volessero lanciar parole amare, fradice. Il proprio istinto, la Vendetta che in egli balenava spesso e volentieri, fu represso all'istante, quando vide quel volto combattuto e animalesco del quale la ragazza si dipingeva. Le si avvicinò lentamente, senza aver troppa fretta, finché una volta dinanzi a lei - senza risponderle, la fece indietreggiare lentamente finché la stessa non sbatté contro il cofano della sua auto. Egli fu indifferente al fatto che ella potesse essersi o meno turbata: si limitò a osservarla per diversi istanti, finché poi deciso, incastrò il proprio bacino tra le gambe di lei caricandosi una sua coscia sul fianco. S'inclinò di poco verso la stessa, premendo con poca forza contro la carne della ragazza che aveva modo di sostenere sul proprio fianco, continuando a farle percepire la propria vorace mascolinità. Stette per diversi istanti a contemplare quel corpo, non soffermandosi solo sui seni e sulle labbra - gli organi sessuali secondari - ma anche su altro: sulle fossette che comparivano sulle guance di lei, su quel naso lievemente a punta, su quei zigomi appena accennati, ma soprattutto su quelle iridi che suggerivano così tanta confusione. No, egli non voleva farsi carico di colmarla, ma l'avrebbe posseduta se solo lei l'avesse voluto: nella vita niente accadeva per caso, nemmeno quell'incontro che sarebbe stato poi il pretesto per far capolino nella vita di lei in qualsiasi momento. Avvicinò le sue labbra sulla spalla di lei iniziando a baciarla con lentezza respirando nel frattempo il suo odore, salendo poi per il collo - del quale ignorò la vena pulsante che in analoghe ma altre occasioni, secoli or sono, l'aveva tradito - finendo a sfiorare il lobo dell'orecchio che poi mordicchiò ridendo appena. Si ricompose poco dopo, ritrovando quella serietà della quale si faceva portavoce.
    «Prima di avere il tuo corpo voglio il tuo nome, Signorina.» Sussurrò con una sensualità non indifferente, mentre la mano libera - l'altra era ancora intenta a sorreggerle la coscia contro il fianco di lui - percorreva il ventre di lei quasi alla ricerca di qualcosa, che comunque fingeva di non trovar mai, ma che poteva essere identificato col nome di lei. Era una dolce tortura quella che sarebbe continuata finché quella confessione non fosse arrivata direttamente alle proprie orecchie.


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    Avevo provato ad evitare quel contatto che non prometteva niente di buono, avevo cercato di sottrarmi ad esso rivolgendomi a lui con tono sgarbato e acido. Ma è risaputo che più sei sfuggente e più ti sbavano dietro come cagnolini. Mi piaceva quello con cui avevo a che fare, sin dal primo momento in cui lo vidi davanti a me appena uscita dall' acqua avevo apprezzato la sua aria quasi primitiva che in certi aspetti richiamava la figura trasandata di Robinson Crusoe. C' era anche da dire che non mi erano mai piaciuti i tipi troppo giovani, al contrario ero sempre stata attratta da quelli più grandi di me, forse perchè mi ispiravano protezione o semplicemente perchè più interessanti. Nikolaj, in sostanza, poteva rappresentare il mio prototipo di uomo ideale, almeno per quanto riguardava l' aspetto fisico. Alto, robusto, virile, sguardo penetrante, labbra carnose, era incredibilmente affascinante. E proprio per questo avevo cercato di sfuggirgli, perchè nonostante il mio spirito libero e lo spiccato senso avventuriero insito in me non cedevo alle tentazioni tanto facilmente. Volevo solamente essere sicura che ne valesse la pena.
    Ed eccolo qui, che avanzava verso di me con passo lento ma sicuro al tempo stesso. Lui deciso a riallacciare lo stesso contatto di poco prima ed io pronta a riassaporare la sua pelle sulla mia. Lo osservai con uno sguardo carico di curiosità e desiderio al tempo stesso, finché il suo corpo robusto mi costrinse ad indietreggiare e a sbattere contro la portiera dell' auto parcheggiata. Il suo bacino si insinuò tra le mie gambe e le sue mani afferrarono con vigore la mia coscia per poi sollevarla e sostenerla all' altezza del suo fianco. Pura eccitazione invase il mio corpo quando le sue labbra cominciarono a percorrere la spalla, il collo, fino a raggiungere l' orecchio, il mio punto debole. Insinuai una mano tra i suoi capelli mentre l' altra era poggiata delicatamente sulla sua camicia, non ancora decisa a sbottonargliela. Non sapevo niente del tizio che stava esplorando il mio corpo in tutta libertà, e nemmeno avrei voluto saperlo, se non mi avesse rivelato il suo probabilmente neanche gliel' avrei chiesto. Era un controsenso: il sesso fra sconosciuti non richiedeva alcun tipo di conoscenza, ergo sapere il nome dell' altra persona era completamente inutile.
    «Prima di avere il tuo corpo voglio il tuo nome, Signorina.» Di colpo sentii un brivido percorrere interamente la mia schiena e mi fece immobilizzare come se avessi visto un mostro. In realtà, non si trattava di nessun mostro, ma per qualche assurdo motivo davanti a me era apparso lui sostituendo il misterioso Nikolaj. Non c' era neanche bisogno che io chiudessi gli occhi per ricordarmi di quell' episodio, in cui Claude aveva fatto irruzione nel mio camerino per venire a parlarmi. Erano passati diversi mesi, eppure ricordavo tutto come se fosse successo ieri: lui in piedi sulla soglia della porta che mi guardava sfacciatamente, io seduta su uno sgabello mi accorsi di lui grazie alla sua immagine riflessa allo specchio. Era sicuro di sé a livelli inverosimili, sfoggiava quell' aria da pompato che tanto detestavo in un uomo ma che in fin dei conti gli attribuiva una gran determinazione. C' era riuscito, dopo i molteplici sforzi compiuti, a farmi sua.
    Il punto era che la domanda di Nikolaj mi fece tornare in mente Claude, che insistette tanto per sapere il mio nome e che solamente l' incontro successivo seppe conquistarselo. Non andava per niente bene, non poteva apparire dal nulla mentre stavo per fare sesso con un tizio sconosciuto, non poteva intrufolarsi nella mia mente e rendermi le cose più difficili, non doveva. Così, riacquistando il potere della situazione, guardai Nikolaj dritto negli occhi per diversi istanti, prima di parlare. "Mi chiamo Ruthie, e il piacere è tutto mio." dissi frastornata, come se quelle parole suonassero tanto strane alle mie orecchie. E in effetti era così, forse perchè non ero abituata a rivelare il mio nome alla persona con cui facevo sesso. Eppure stavolta l' avevo fatto, ero andata contro le mie regole - se così si potevano chiamare - e lo avevo accontentato rivelandogli il mio nome. Dovevo farlo, se non volevo riprodurre le stesse dinamiche della prima volta con Claude. Lui non era il francesino che era entrato nella mia vita come un terremoto distruggendo le mie regole, lui era solamente uno sconosciuto con cui avrei condiviso un rapporto sessuale, niente di più. Cominciai a sbottonare la sua camicia senza distogliere neanche per un attimo lo sguardo dai suoi occhi di ghiaccio, e solamente quando fu totalmente sbottonata me ne sbarazzai lasciandola cadere a terra. Poggiai entrmabe le mani sulle sue spalle, constatando che la sua pelle non fosse per niente calda - altra analogia con il bel francesino - ma al contrario era fredda, scesi poi sul suo petto fino a raggiungere i suoi addominali scolpiti. Mi fermai ad osservare quelle iridi misteriose e solamente dopo diversi istanti in cui il mio sguardo carico di desiderio stava divorando i suoi occhi mi decisi a buttarmi su quelle labbra carnose e provocanti che lo rendevano maledettamente irresistibile. Schiusi le labbra mentre una mano risalì velocemente lungo il suo busto e si riappropriò dei folti capelli ricci, attirando la sua testa verso la mia per permettere alla mia lingua di cercare e assaporare la sua con foga e desiderio.


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    Non era un capriccio, no, non lo era mai stato. Non aveva mai desiderato di possedere una donna senza conoscere prima almeno il suo nome: sin da quand'era ragazzo, prima d'unirsi con una donna sposata o non compressa, aveva sempre desiderato con tutto sé stesso venire a conoscenza al meno del nome di questa. Per lui era come se in parte riuscisse a privarla dell'anima o comunque di parte del suo cuore, ragione che lo metteva nella condizione di appropriarsene. Adorava lasciar che la gente lo intendesse come un uomo di bassi valori e pochi principi, perché in realtà preferiva serbare quella nobiltà d'animo per pochi eletti, gente ricercata e altrettanto nobile di cuore ch'egli solo avrebbe ritenuto all'altezza di conoscerlo. Per lui di certo non era mai stato un perso spogliarsi di quello che s'era attribuito come nome ma che in realtà era solo una falsità sistemata alla perfezione: di battesimo fu battezzato come "Kætiløy" nome appartenuto prima di lui ad un antico guerriero della propria stirpe, suo avo e che sarebbe dovuto andare al proprio fratello morto ancora neonato durante l'iniziazione alla stirpe Starkad. Egli teneva molto a quel nome che stringeva gelosamente tra i propri ricordi senza averlo mai confessato ad essere sconosciuto alcuno, eccetto tre creature ancora oggi in vita: Tristan, Rebekah e la propria figlia - prima di lei la sola moglie, fatta eccezione per tutta la tribù Normanna, era a conoscenza di quel nome -. Una volta che l'Originale decise per puro sfizio di tramutarlo in Vampiro egli perse ogni diritto su quel nome che portava dalla nascita e, relegatoselo alle proprie spalle, decise di attribuirsi del nome Nikolaj, forse più consolo all'Europa della quale si fece conquistatore per poco tempo, e che poi decise di abitare nell'anonimato. Forse poteva intendere perché quella ragazza non gli avesse confessato quel nome, né l'avrebbe giudicata per i motivi che sicuramente erano più futili dei suoi: all'apparenza però, il bellissimo sconosciuto, le aveva confessato quello che spacciava come proprio nome da ormai mille anni. Nell'istante in cui comprese che la giovane si fece carico di avvolgerlo tra le proprie grazie, si lasciò andare completamente, perché di certo non si sarebbe comportato come un codardo che rinunciava alla preda o continuava a lottare con essa sebbene questa si fosse ormai arresa all'evidenza. L'unica cosa che gli risultava piacevole era la costante sorpresa che sentiva crescere dentro di sé quando si rapportava con una donna; se non fosse stato altrimenti così, probabilmente avrebbe smesso di provare qualcosa nei confronti del gentil sesso già tempo or sono.
    "Mi chiamo Ruthie, e il piacere è tutto mio." Fu richiamato all'attenzione dalla giovane stessa che aveva confessato il proprio nome con non poca riluttanza. Egli si soffermò a guardare le belle e sottili labbra che l'avevano pronunziato, mentre un sorriso carico d'ammirazione si faceva strada tra le proprie. L'ammirava per quel gesto che s'era spinta a fare, perché qualcosa gli suggeriva ch'ella avesse vissuto delle dinamiche che l'avevano spinta a non confessare subito quel nome o renderlo comunque un capro espiatorio. Ma per quanto potesse apparirne piacevolmente sorpreso, sapeva che forse tale ragione stava a significare ch'ella s'imponeva poi di non incontrarlo più, né di aver più a che fare con esso: infondo Nikolaj sentiva qualcosa che gli suggeriva che quello non sarebbe stato il loro ultimo incontro, semplicemente perché lui non l'avrebbe affatto permesso. Non gli capitava certo tutti i giorni di trovarsi davanti una così bella ragazza carica di malizia e dolcezza al contempo, che portava con sé un carico di magia non poco indifferente e che egli si sarebbe fatto carico di utilizzare, un giorno, a discapito di chi l'avrebbe infastidito. L'unica cosa che gli premeva era venir a conoscenza di quale ceppo ella si facesse portavoce, perché di certo ve ne erano due più potenti d'ogni altri: Romanov e Balcoin, uno Russo e l'altro appartenente ai Rurali Inglesi. Sarebbe stato piacevole far infuriare Niklaus, dimostrandogli che anch'egli s'era procurato una strega: le voci che l'Originale se ne fosse fatto carico erano girate e il fatto ch'ella fosse una Balcoin aveva spinto i vampiri più anziani a cercarne una ad essa affine. Tornò a sé, guardando la giovine che s'apprestava a desiderarlo.
    L'osservò pieno di malizia mentre ella si impegnava a rimuovergli la camicia: le sorrise senza aiutarla in alcun modo, ammirando l'audacia della ragazzina che simulava il fare d'una moglie intenta a soddisfare il proprio marito. Certo, indubbiamente risultava più eccitante ai tempi dell'Ottocento, quando le donne non ero abituate a questo e per la prima donna si caricavano di sensualità pur di soddisfare il proprio uomo, ma quell'atteggiamento a lui piaceva. La bella Strega inconsapevole sfoderava le proprie armi pur essendo consapevole dell'esperienza dell'uomo, nonostante non conoscesse quella millenaria che lui celava alle proprie spalle, mascherata da quel trentennio apparente. Sorrise quando lei poggiò le sue calde mani sulla propria pelle fredda, e stette fermo ad osservarla finché non fu la stessa a baciarlo con ferocia per poi attirarlo a sé; continuò a farla dominare, finché ad un istante si fermò. Le prese il viso tra l'indice e il pollice della mano destra lasciando scivolare la stessa coscia che prima sosteneva sul proprio fianco. Poggiò le dita su punti ove l'osso mancava, quindi non la ferì nemmeno, ma si fece carico d'osservarla attentamente con sguardo accusatorio. Avvicinò il vuoto di lei al proprio, per poi leccarle le labbra lasciando che queste, chiuse, non potessero rispondere. Continuando a tenerla così la spogliò del reggiseno, lanciandolo veramente lontano da quel loro luogo d'intimità.
    «Arriverà il giorno in cui il piacere d'incontrarti sarà degli altri, Ruthie. E arriverà anche quello in cui darai un senso a queste mie parole.» Mormorò, sicuro d'aver inteso che la giovane appartenesse al ceppo Balcoin: tutti i rampolli erano caratterizzati da iridi Blu, mentre le Streghe Femmine da iridi verdi, e poi quei biondi capelli non mentivano affatto sull'identità della giovane. I Romanov invece erano caratterizzati da un celeste cristallino e bellissimo e da capelli bruni, corvini. Erano dei caratteri dominanti che venivano tramandati insieme a quel gene di magia nera radicato dentro di loro. Dopo averla baciata con non indifferente foga e desiderio la spostò delicatamente, sedendosi sul portabagagli dell'auto, per poi caricarsela sulle cosce. A quel punto iniziò a baciarle i seni come se questi gli appartenessero già: sorrideva di tanto in tanto, osservando il viso di lei, piacevolmente illuminato dai fasci argentei di luce che filtravano dagli alberi.


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    Le cascate erano senz' altro l' elemento che più caratterizzava la città, da cui prendeva appunto il nome, eppure la sua posizione rimaneva appartata. Insomma, una persona ci doveva andare appositamente, non poteva capitarci per puro caso come poteva fare ad esempio con il Wickery Bridge. Per questo non avevo idea di come Nikolaj ci fosse arrivato, da queste parti. Una parte di me, quella più diffidente, arrivava a pensare che mi avesse seguito lungo la strada principale dove avevo lasciato parcheggiata la macchina, in fondo non era la prima volta che mi succedeva una cosa simile, specie quando lavoravo al Mystical Night e solamente perchè ero una cubista tutti si credevano autorizzati ad avermi. Un' altra parte di me, invece, quella più ingenua probabilmente, credeva alla pura coincidenza e al fatto che anche un tipo misterioso come lui sarebbe potuto arrivare in quel luogo per conto suo, per starsene un po' da solo proprio come me magari. Stava di fatto che non ero riuscita nemmeno stavolta a dire di no alla passione che scaturiva da quell' ammasso di fascino che era Nikolaj, forse perchè non volevo rinunciare a del buon sesso. Era più forte di me. Probabilmente in questi ultimi mesi mi ero illusa di poter tornare ad essere la solita Ruthie di un tempo, che conoscevano i miei genitori e i miei amici. Ma dopo che qualcosa dentro di te si rompe, si frantuma in mille pezzi lasciando un vuoto incolmabile, è impossibile tornare ad essere quelli di sempre. Non subito, non adesso perlomeno. Perciò dovevo solo apprezzare lo sforzo che avevo fatto per cambiare, dovevo accettare semplicemente la cosa e andare avanti per quello che ero. Prima o poi, sarebbe arrivato anche per me il momento di mettere la testa a posto e costruire qualcosa di importante.
    E poi, come si poteva rinunciare ad un uomo come lui e rifiutare un simile piacere? Perchè di piacere si sarebbe trattato sicuramente, c' era qualcosa dentro di me che mi suggeriva di non aver sbagliato a cedere alla tentazione, al contrario mi incitava ad andare oltre. Mi lasciai trasportare, perciò, dal desiderio che scaturiva dal nostro contatto, dalle sue abili mani che esploravano con vigore e virilità il mio corpo mezzo nudo. Rimasi immobile quando con due dita afferrò saldamente il mio capo per attirarlo al suo e cominciò a passare con fare sensuale la sua lingua sulle mia labbra serrate, non avrei per niente al mondo interrotto quel momento di estrema sensualità schiudendo le mie labbra. Aspettai quindi la sua prossima mossa, che non si fece attendere neanche un istante: mi spogliò del reggiseno, lanciandolo non so dove, e inaspettatamente mormorò qualcosa di insensato ed estremamente noioso.
    «Arriverà il giorno in cui il piacere d'incontrarti sarà degli altri, Ruthie. E arriverà anche quello in cui darai un senso a queste mie parole.» Aprii bene i miei occhi puntandoli sui suoi, non volevo perdermi il suo sguardo mentre le sue parole assumevano un tono tenebroso ed oscuro. Suonava come una profezia o, peggio ancora, una minaccia. Eccolo qua, un altro strano! - pensai subito tra me e me, riferendomi ai comportamenti strani che in passato avevo notato anche con Claude. C' era una differenza sostanziale, però, tra i due: alla fine dei giochi avevo scoperto che quest' ultimo fosse un vampiro mentre di lui non sapevo niente, lo aveva appena incontrato. Cominciai a pensare la stessa cosa, allarmata da questo invisibile sentore dentro di me che non presagiva niente di buono. No, non poteva essere. Negli ultimi mesi avevo fatto sesso con due uomini diversi e non potevano essere entrambi vampiri, era inaccettabile, pura sfiga. Mi persi nei suoi occhi pensierosa, riflettendo sulle sue parole che avevano destato in me non pochi dubbi. Per alcuni istanti lasciai che l' affascinante sconosciuto mi trasportasse con sé sulla macchina e cominciasse a baciarmi il seno, mentre io cercavo di scacciare quei pensieri. Avevo a che fare con un altro vampiro, me lo sentivo, e in quel momento mi resi conto che ero stata una stupida a cedere alla sua tentazione. Insomma, di Claude avevo la certezza che non mi avrebbe mai fatto del male, su questo sarei stata pronta a metterci una mano sul fuoco; ma di lui? Cosa ne sapevo, in fondo, che non mi avrebbe prosciugato una volta terminato l' atto sessuale? Cominciavo a detestare Mystic Falls e l' esistenza di queste creature sovrannaturali, mi ero già stancata di doverci fare i conti tutti i giorni. Istintivamente, strinsi la mano sinistra in un pugno che raccoglieva al suo interno parte dei suoi capelli e sollevai leggermente la sua testa, quel poco che bastava per poterlo guardare negli occhi. Esitai qualche istante, osservando attentamente le sue iridi e successivamente le sue labbra carnose, le quali contenevano la cosiddetta arma del delitto. "Non ho la minima idea a cosa tu ti possa riferire, Nikolaj. Ma arriverà anche il momento in cui ti pentirai per ciò che farai." dissi con tono serio e minatorio ma malizioso al tempo stesso. Non sapevo cosa mi era passato per la testa in quell' istante per lanciargli una frecciatina riguardo alle sue intenzioni, la Ruthie che conoscevo io non si sarebbe mai sognata di provocare e minacciare un vampiro che avrebbe potuto mettermi KO con un semplice gesto. Eppure l' avevo fatto, e la cosa non mi provocò timore o preoccupazione, al contrario mi diede una scarica di adrenalina che mi spinse a ricongiungermi con le sue labbra carnose e ad entrare in contatto con la sua lingua, per poi mordere maliziosamente il suo labbro inferiore. Ero un' umana, una stupida ed insignificante umana in confronto alla loro natura, ma non per questo valevo di meno.


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    Ironico come in mille anni non avesse perso il desiderio sfrenato di conoscere sempre più donne, traendo da queste cose positive e negative ma pur sempre tali da approfondire il proprio bagaglio personale. Il lato positivo d'avere molti anni d'esperienza alle spalle, era quell'istinto infallibile che ormai lo distingueva dalla massa di vampiri, balordi e insensati, privi d'alcuno scopo: comprese subito la magia celata all'interno di quel corpo così mellifluo e delicato, ma anche accattivante. Era così piacevole toccarla, ingenua e inconsapevole com'era, ignara della donna che in realtà era destinata ad essere: le Balcoin, come le Romanov, erano tra le più rare streghe che circolavano sulla terra e sebbene egli avesse una predilezione per il ceppo Russo, il secondo in citazione, non gli sarebbe dispiaciuto aver a che fare con lei. L'unica differenza sostanziale stava sulle discendenze dei due ceppi, dato che l'origine restava comune: il primo aveva prediletto l'Inghilterra, proliferano in condizioni modeste tramutatesi in una borghesia medio elevata, a differenza del ceppo Russo che s'era elevato oltremodo, sfociando in una dinastia immortale: la Romanov, gli Zar dell'antica Russia. Sorrideva a tratti nell'osservare la bella Ruthie che, se solo avesse avuto interesse per la magia e il mondo soprannaturale, si sarebbe accorta di tanti suggerimenti che l'avrebbero condotta a convincersi della propria natura. Il gene magico aveva conseguenze sul fenotipo della persona, determinando gli occhi verdi e i capelli biondi, caratteristica che tutte le donne con sangue Balcoin, esclusa nessuna, si apprestavano a manifestare. Egli ne aveva conosciute tante e Ruthie non aveva niente da invidiare alle proprie antenate e forse alle cugine o sorelle che vi fossero attualmente in circolazione, fatta forse eccezione per il suo potere non coltivato. Sentì un brivido attraversargli completamente ogni singolo brandello del corpo, invadendosi tra i tessuti e gli organi, quando assaporò le labbra serrate di lei, e sorrise con fare malizioso mentre le proprie mani si apprestavano ad esplorarla. La lentezza dei movimenti di Nikolaj poteva forse indisporre, anzi quasi sicuramente risultava tale, ma egli aveva l'eternità davanti, quindi non aveva alcun interesse nell'aggredire il tempo al quale si mostrava indifferente.
    Non ebbe il benché minimo rimorso nel rivolgerle quella frase profetica tale da insidiare dentro di lei una curiosità esagerata, né si preoccupò di poter mostrare parte della propria natura. Era in tutto e per tutto consapevole di ciò che aveva appena fatto e qualcosa le suggeriva che la stessa sarebbe venuta da lui una volta scoperti i propri poteri: egli l'aveva notato, altri prima di lui no. Curiosa quella cosa, ma restava comunque l'unico modo per attirare la ragazza a sé quando questa si sarebbe trasformata in una bellissima farfalla, abbandonando la crisalide che s'apprestava a rappresentare. Il Principe Starkad dimostrava d'essere un grande estimatore della cultura antica: Grimori, Amuleti, Incantesimi, erano gelosamente custoditi nel proprio maniero, in una stanza blindata, insieme a tutto ciò che era appartenuto agli antichi Vichinghi. Aveva conservato quegli oggetti magici e utili alle streghe col pensiero di poter, un giorno, allevare una Starkad derivante dal figlio illegittimo ch'ebbe con la serva strega, ma questo mai arrivò, sebbene di leggende ve ne fossero fin troppe. Un amaro scrupolo vi era in lui, e mai sarebbe scomparso: se da codardo non si fosse comportato, forse avrebbe avuto al proprio fianco quel piccolo fagotto che udì per una sola notte piangere nella propria casa e poi sparire nel buio? Ruthie fu abile in quel momento, molto abile, perché ebbe la capacità di strapparlo da quei remoti ricordi e chiamarlo a sé e in coscienza Nikolaj le fu molto grato, in un modo indescrivibile, perché spesso si perdeva per ore ed ore a percorrere l'infinita vita che aveva alle spalle, senza però non dimenticare di immaginare quella futura, altrettanto infinitamente eterna. Sentì una morsa afferrare i propri capelli ed istintivamente alzò lo sguardo osservando le iridi della ragazza, sorridendo immaginando già cos'ella avesse da dirgli, ma in modo improprio e presuntuoso, perché in coscienza egli non immaginava le esatte parole a lui rivolte. "Non ho la minima idea a cosa tu ti possa riferire, Nikolaj. Ma arriverà anche il momento in cui ti pentirai per ciò che farai." Rise di gusto, come se fosse stato scoperto, ma non fece altro che stringerla a sé continuando ad osservarla con quell'aria d'ammaliante conquistatore che da secoli portava con sé. La guardò con il desiderio ch'ella potesse smentirlo di quella sua supposizione, ma si rese poi conto ch'era vero che la giovane non avesse mai coltivata quella magia, però qualcosa in lei c'era: come avrebbe potuto dedurre così facilmente la natura di Nikolaj? Certo, egli non era un Vampiro come gli altri, era in primo luogo il discendente d'una Originale e il Principe d'un antica stirpe.
    Ricambiò con foga il bacio di lei, continuando a bearsi di quel sapore maledetto. Dopo diversi istanti la fece scivolare lungo il proprio corpo, finché ella non poggiò i piedi per terra; a quel punto fece lo stesso, così da potersi liberare dei propri indumenti, completamente rimanendo così nudo come la propria madre l'aveva fatto; a quel punto, per niente intimorito né indisposto, si rimise a posto attirandola a sé con una forza umana ma vorace a mascolina. La guardò per pochi istanti, mentre le proprie mani l'avevano già liberata dagli slip.
    «Pentirmi perché sto per farti mia? No, Ruthie, non potrei mai pentirmi.» Sussurrò quelle parole all'orecchio di lei baciandola poi con una passione quasi innaturale, mentre con un gesto solenne si apprestò a far scivolare l'indumento di lei a terra. A quel punto, con molta delicatezza, la fece sua: entrò in lei con una dolcezza quasi amichevole, nascondendo quella vorace passione mostrata prima tra un bacio e l'altro. Fece adagiare la propria schiena contro il freddo metallo dell'auto, apprestandosi a poggiare le mani sui fianchi di lei e, a quel punto, contribuire a quei movimenti sinuosi che sembravano una lenta danza.


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