You've been the only thing that's right in all I've done

gennaio / terza settimana / giovedì / mattina

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    « Elena Gilbert

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    Ci avevo pensato tutta la notte. Una notte intera, una notte lunghissima passata a domandarsi, continuamente, che cosa avrei potuto fare. Che avrei dovuto fare.
    Avevo rivissuto quella dannata, dannatissima sera almeno un milione di volte, ripercorrendo con la memoria- per una volta puntigliosa fino all'inverosimile- ogni singola sfaccettatura di tutto quel che era successo. Quella era stata una delle notti più lunghe di tutta la mia vita. Non la più lunga, quella era senz'altro imbattibile, ma si guadagnava un bel posto in classifica. Sul soffito della mia stanza avevo visto tutto: il "tempismo" tutt'altro che perfesso di Stefan, gli occhi di Damon mentre mi diceva quelle parole così orribili eppure così vere almeno guardando lui, quella biondina insipida con la quale sembrava avere un gran rapporto, la paura che tutto andasse per il peggio. Le lacrime, perchè c'erano state anche quelle anche se non fuori, solo dentro. Avrei solo voluto poter tornare indietro ed essere utile, impedire a Katherine di prendere il mio posto. Avevo lasciato Damon con una tacita promessa, quella di rivederlo dopo quella sera. Era una cosa che forse sentivo solo io ma quella notte mi era servito anche a quello: indagare. Capire perchè prima di andarmene avessi sentito il bisogno urgente di andare da lui e fargli sapere che volevo che rimanesse vivo, volevo che andasse tutto bene. Che tornasse da me, dopo. Perchè? Perchè era stato facile, almeno lì su due piedi, staccarsi da Stefan come non ero stata capace di fare prima? Perchè era stato così facile in quel momento e invece non lo era stato a scuola. Per colpa delle persone che ci stavano guardando? No per niente. E non si trattava nemmeno solo della paura di perderli, anzi quella avrebbe dovuto portarmi a fare l'essato contrario. Io in quel momento ero forte, ma non forte per un motivo esterno, forte perchè avevo capito o sentito qualcosa. Cosa rimaneva un mistero, qualcosa che non avrei forse voluto scoprire.
    Perchè c'era qualcosa tra me e Damon, questo era chiaro, ma era anche chiaro che esplorarlo significava cambiare le regole del gioco, cambiare rotta e non ero sicura di poter essere capace di farlo. Non ora che avrei mollato Stefan a sè stesso. E' vero, non avevo più forza a sufficienza per portarlo indietro ma dubito che Damon l'avrebbe lasciato nelle braccia di Klaus per sempre, e allora avrei dovuto essere pronta ad aiutarlo.
    Aiutarlo non significa continuare ad evitare di capire cosa provi...
    Me lo ripetiva continaumente, quella vocina insisistente. Sembrava essere il suo compito: ricordarmi che anche esplorando i miei sentimenti per Damon avrei potuto portare Stefan in salvo. Con un approccio diverso, ma se il bacio non era servito dubito che anche ora come ora sarei riuscita a fare di meglio. FOrse aveva bisogno di un altro approccio anche lui. Infondo continuare a illuderci era anche peggio. Eppure...mi sentivo così in colpa. Stavo facendo soffire tutti perchè non avevo idea di come mi sentissi al riguardo...ero pronta a scoprire qualunque cosa era fosse?
    Ero pronta a Damon?
    Sì una parte di me urlava a squarciagola che era l'unica cosa a cui ero pronta, ma l'altra aveva altre priorità e una di queste erano i vampiri. Perchè se era vero che avevo avuto paura era anche vero che l'avevo avuta perchè ero stata totalmente, completamente inutile. Non ero servita a niente, se non per una comparsa alquanto superificiale. Avrebbero fatto anche senza di me, e io non ero stata lì per proteggere nessuno. Non avevo potuto aiutare e la cosa mi faceva sentire tremendamente impotente: l'ultima cosa che volevo.
    E la prima che mi spinse ad alzarmi, malgrado l'ora e malgrado la nottata insonne, e prepararmi per uscire. Domenica mattina, avrei potuto facilmente stare a casa ma sinceramente l'ultima cosa che volevo era vedere di nuovo quegli occhi azzurri proiettati sul soffitto. Sapevo bene che avrei dovuto incontrarlo, sopratutto da quando il mio nuovo piano mi si era formato in testa, ma sapevo anche che non avrei potuto in ogni caso chiamarlo a quell'ora. Le sei e mezza di una domenica mattina non erano un orario accettabile, nemmeno per un vampiro. Avevo bisogno di prendere un bel respiro, chiarire delle idee già fin troppo chiare e sopratutto cominciare a mettere in atto quel che avevo deciso. Il primo passo? Una corsa mattutina. Il secondo? Chiamare Damon, perchè stavolta era seriamente l'unica persona capace di aiutarmi.
    Mi alzai quindi con una forza inaspettata, indossai una tuta leggera e scesi. Mi concessi una veloce tazza di caffè per poi infilarmi le cuffiette nelle orecchie e prendere a correre. Due giri dell'isolato, tanto per partire, poi mi sarei messa alla ricerca del resto.
    Nelle orecchie cominciò a cantare, con un tono leggero, Matthew Bellamy, con una canzone così famosa che ero quasi sicura di saperla più o meno a memoria. Eppure mi sorpresi non poco della coincidenza: parlava di non lasciarsi mai, di seguire la luce delle stelle in cambio di un abbraccio. Era troppo vicina ai miei pensieri per andare oltre. Preferii quindi spegnere tutto e lasciarmi trasportare dal ronzio sordo della poca vita che si respirava a quell'ora: qualche uccello che cinguettava, qualche persona mattiniera che rasava il prato. Non facevo una corsa la mattina da anni forse, a dirla tutta sembravano secoli.
    Tornai indietro mezz'ora dopo, convinta a non fermarmi lì dopo uno sforzo che, comparato con quel che avevo in mente, era ridicolo. Non mi serviva a molto. Rientrai dentro, la casa ancora in silenzio, Jeremy che probabilmente doveva ancora svegliarsi. Un altro caffè e mi immersi nella polvere del garage: lì stavano gran parte dei ricordi della mia vita di prima. Foto per lo più, qualche libro e poi quel che stavo cercando: qualche vecchio coltellino, qualche arma all'apparenza innoqua. Dovevo uccidere vampiri, mi serviva di peggio, ma era un buon inizio. Ma prima dovevo risolvere una faccenda, tremendamente importante. Quando stavo ancora con Matt c'era solo una persona capace di aiutarmi, di darmi quella sicurezza e quell'appoggio che non trovavo nemmeno in me stessa: mia madre. Avevo seriamente bisogno di andarla a trovare, anche ora che era rinchiusa sotto una statua di marmo e non poteva parlarmi. Il piano per uccidere i vampiri avrebbe potuto aspettare.
    Mi cambiai velocemente, dopo aver fatto una doccia altrettanto rapida, e indossai per la prima volta dopo anni uno di quegli abiti che mi aveva regalato Jenna qualche anno prima. Miranda adorava vedermi agghindata in quel modo, diceva che le ricordava quando era giovane e il fatto che sotto i jeans e la maglietta le assomigliassi tremendamente. Ora che sapevo la storia di Isobel capivo appieno quanto fosse importante per lei quella somiglianza. Uscii di casa, come poco prima, e percorsi a piedi e con un andatura neanche troppo veloce la strada che mi divideva dal cimitero. Non era torppo lontano e quella vicinanza mi permetteva sia di andare a trovare i miei quando volevo ma anche di ricordare ogni volta che mettevo piede fuori casa il perchè ci andavo così spesso.
    Sapevo la strada a memoria, dopo tutto quel tempo, tanto che avrei potuto percorrerla ad occhi chiusi ma malgrado fosse passato tanto da quella fatidica notte il mio cuore si strinse comunque quando entrai dal cancelletto. Detestavo quello scricchiolio perciò afrettai l'andatura e arrivai ancora prima del dovuto davanti alla tomba. Sapevo a memoria anche quella eppure non riuscii a trattenermi stavolta: mi chinai e cominciai a piangere in silenzio, pensando intensamente a tutto quello che avrei voluto dirgli se fossero stati lì. Non era da me piangere in luoghi pubblici e aperti ma stavolta stavo troppo male, ero troppo confusa e in bilico per non farlo.


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    « DAMON SALVATORE

    Vampire ○ 170 years ○ Be my self!



    Non vi era nulla di più noioso di una domenica mattina. Non valeva solo per gli umani ma anche per i vampiri era esattamente la stessa identica cosa. So che è difficile da credere per un tipo come me, ma avevo vagato tutta la notte in cerca di qualcosa che mi occupasse il tempo e sopratutto la mente. Odiavo non avere nulla da fare o qualcuno da importunare perchè questo implicava che dovevo rimaneva con me stesso, con il quale dovevo convivere già costantemente. Per questo motivo alla fine dei conti avevo passato il sabato sera in un vecchio bar appena fuori a Mystic Falls,un locale anonimo e piuttosto schifoso a dirla tutta, ma era assolutamente perfetto per distrarmi un pò. Avevo bevuto parecchio ma ormai neppure l'alcool mi faceva più effetto. Voi vi chiederete cosa mi preoccupasse o cosa creasse quel mio stato d'animo così frustrato e non in pace. Ed io come mio solito vi risponderei che era tutto e niente. Insomma la situazione in cui ci ritrovavamo tutti era paradossale: non trovavamo un modo per uccidere quei benedetti - si fa per dire - Originali, o meglio l'avevamo trovato ma puff.. era stato ucciso a sua volta rivoltando la situazione. Stefan andava aiutato in un modo o nell'altro e questo premeva sul mio capo come un peso insormontabile. Una parte di me, quella totalmente egoista e menefreghista,mi continuava ad urlare che io ero forse l'unico che potesse guadagnarci qualcosa da quella snervante situazione. Di cosa parlavo? Semplice....ora sarei passato IO per il fratello "buono" (relativamente), quello al fianco della bella in difficoltà e quello che lottava per il bene. Lo avrei semplicemente spodestato...o meglio lui mi aveva ceduto il suo posto senza neppure accorgersene. Ora ero io quello nella posizione dominante, io che potevo puntare le mie carte e sperare di vincere,visto che il premio era qualcosa che mi stava seriamente a cuore. Elena, quella ragazza dai grandi occhi dolci che aveva il potere di farmi fare cose che prima non credevo possibile. Come quella di tentare di salvare mio fratello. Io che ero venuto in quella cittadina fantasma con l'intento di riprendermi la mia rivincita e di vendicarmi. Quindi sintetizzando un pò la situazione ero combattuto sul da farsi: continuare in quell'intento che sembrava sempre più impossibile e complicato o lasciare le cose così come stavano, accettarle. A quest'ultima possibilità però si aggiungeva il fatto che il caro Klaus volesse letteralmente prosciugare la mia unica fonte di esistenza, e questo andava a complicare ulteriormente tutto.Come d'altronde la questione Celeste. Insomma ovunque andassi sbattevo la testa e mi ritrovavo al punto di partenza: incasinato fino alla testa. Tutti quei pensieri e quelle domande mi avevano accompagnato fino all'alba anche grazie ad una discreta quantità di tequila che ormai era diventata come acqua per il mio corpo. Intorno alle 7 avevo preso la macchina facendo ritorno alla mia dimora con la speranza di non incontrare scocciatori sul mio cammino (e parlavo sia dell'allegra famigliola felice sia di miei rispettivi parenti). Semplicemente guidavo avendo una strana sensazione in corpo ed in testa.Avete presente quando sentite qualcosa nell'aria che sta per succedere? come se sentite che da lì a poco qualcosa cambierà inesorabilmente la vostra vita? Si io percepii qualcosa del genere dentro all'abitacolo della mia corvette grigia. Una strana e assurda sensazione. Non ero mai stato uno di quelli che si aggrappavano a quel genere di sensazioni quindi semplicemente mi ritrovai a storcere il naso, continuando però lungo la mia strada. Ma poi quella sensazione si fece ancora più intensa e pesante, fino a quando capii. O meglio vidi qualcuno proprio davanti a me che stava camminando in direzione del centro della cittadine. Avrei riconosciuto quella sagoma tra mille anche se fosse stata lontani anni luce. Ora in parte spiegavo quella sensazione provata: aveva a che fare con Elena. Rallentai l'andatura cercando di capire dove stesse andando a quell'ora visto che in giro non vi era nessuno. Tutti giustamente alle 8 di domenica mattina riposavano...tutti tranne noi. Noi che eravamo occupati a salvare il mondo. La seguii senza farmi notare rimanendole ad una discreta distanza visto che ero l'unica auto in movimento. Lei non si voltò neppure una volta, come se non gli interessasse nulla...semplicemente aveva lo sguardo basso ed un andatura lenta e sommessa. Corrugai le labbra mentre i miei occhi diventarono due fessure strette e scure non capendo che stesse succedendo. Dentro di me iniziai a percepire l'inizio del sentore della preoccupazione, come se stesse accadendo qualcosa a mia insaputa.. Magari stava andando ad incontrare Stefan o peggio ancora si stava andando a consegnare a Klaus in persona. Scenari orribili scacciati via quando lei deviò il suo tragitto, varcando i cancelli del vecchio cimitero della città. Rimasi lì immobile per qualche istante cercando di decidere sul da farsi ma poi mi resi conto di non avere scelta. Accostai la macchina al vialetto e scesi facendo poco rumore. Avanzai in direzione dell'entrata dalla quale era passata la ragazza e la cercai, guardandomi attorno. Inizialmente pensai fosse scomparsa ma poi riuscii ad intravedere la sua figura ad una decina di metri alla mia destra. Mi mossi standole ancora una volta dietro fino a quando la vidi raggiungere destinazione e fermarsi in prossimità di una tomba. Conoscevo bene quel luogo e quel preciso punto, era lo stesso dove riposavano i suoi defunti genitori e dove era stata sepolta Jenna neppure pochi mesi prima. Appena capì sul mio viso comparve un'espressione addolorata e dispiaciuta, riuscendo a percepire il dolore immenso che stava lacerando la ragazza di fronte a me. La stessa ragazza che mi aveva rubato il cuore parecchio tempo prima. Io continuavo a lamentarmi dei miei problemi e di quanto mi capitava giorno dopo giorno ma non mi soffermavo mai abbastanza su quanto potesse esser difficile per lei tutto quello. Non solo doveva avere a che fare con creature mostruose e paranormali ma doveva convivere quotidianamente con quel peso e quel vuoto che tutte quelle perdite le avevano creato dentro. Una buona parte di quei lutti sarebbero stati evitati se io e mio fratello non fossimo mai tornati. Abbassai lo sguardo visto che quei pensieri mi deprimevano e mi straziavano dentro. Nessuno dei pensieri della serata precedente faceva male come quella considerazione appena fatta, riguardante lei. Forse avrei dovuto lasciarla sola con le sue preghiere e con quanto aveva in testa ma vederla così, con quelle lacrime che le rigavano il volto mi lasciava spiazzato e non mi permetteva di girare i tacchi ed andarmene. Non l'avrei mai lasciata sola, ne ora ne mai. Decisi così di raggiungerla iniziando a camminare con il mio solito passo felino, delicato e lento. La andai dietro, visto che lei era piegata sulla lapide di sua madre sulla quale stava riversando dolci lacrime. Risveglio nostalgico? mi ritrovai a dire a bassa voce. Non volevo spaventarla,volevo solo annunciarle la mia presenza lì e quelle parole erano state dette con una dolcezza disarmante.Lei alzò lo sguardo da terra cercando i miei occhi che provarono a darle un pò di conforto. Ci fu un attimo di silenzio, non quello imbarazzante di chi non sa cosa dire....ma quello contemplativo, dove due persone riescono a parlarsi anche rimanendo in completo silenzio. Non distolsi lo sguardo da lei anche quando una breve ma intensa folata di vento tiepido ci investì. Elena si apprestò ad asciugare le lacrime che ancora le rigavano il suo bel viso, seppur triste e spento ma prima che potesse dire qualsiasi cosa mi apprestai ad aggiungere. Non devi farlo. Intendo smettere. mi bloccai fermandomi praticamente alla sua destra, rendendomi conto solo ora che forse avevo interrotto qualcosa di estremamente persone ed intimo e che forse avrei fatto meglio a rimanere dov'ero poco prima. Non volevo interromperti. Continua. Io rimango qui. aggiunsi indietreggiando appena tornando al punto di partenza. Seriamente non ero mai stato quello che aveva certe delicatezze verso le persone ma capivo il momento quindi avevo fatto un passo indietro e mi ero appoggiato all'albero proprio alle sue spalle, lasciandole il tempo di cui aveva bisogno.


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    Edited by ›giuls - 29/12/2012, 19:52
     
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    Avevo bisogno di Miranda, mai come in quel momento mi era mancata così tanto. Certo la morte di qualcuno porta sempre dolore e nostalgia ma questa volta era diverso. Sembrava che al mondo non ci fosse nessuno capace di aiutarmi, di farmi capire qual'era la via giusta. Non con le buone almeno. Non che me le meritassi, certo che no, ma l'ultima discussione che avevo avuto in merito mi aveva a dir poco distrutta. A niente erano servite le mie notti insonni a pensare a lui: Celeste aveva chiarito da subito la sua posizione, senza mezzi termini o peli sulla lingua, e aveva anche chiarito le sue intenzioni. A sua detta Damon provava qualcosa per lei -ricordavo bene il bacio al ballo come se fosse avvenuto qualche secondo prima- e che l'aveva lasciata proprio per quello, ma non era stato tanto quello a distruggermi -sì odiavo decisamente troppo l'idea che le loro labbra si fossero avvicinate tanto e chissà quante volte!- ma il fatto che lei come tutti gli altri non capisse. Lo amava giusto e allora come faceva a non comprendere? Come faceva a non realizzare che sì lo amavo più di quanto fossi capace di ammettere con me stessa, lo amavo terribilmente ma non significava che fosse così semplice ammetterlo. Glielo avevo detto: c'era Stefan in mezzo. Ammettere i miei sentimenti per Damon significava portare Stefan all'autodistruzione, o almeno io non riuscivo a vederla diversamente. Forse era colpa mia e della mia mania di pensare che qualunque mia azione sconvolgesse in peggio la vita degli altri, ma avevo letto da qualche parte che era una specie di quelle regole del caos. L’Effetto farfalla, detto così mi sembra quasi una malattia, una patologia rara di quelle che figurano nei libri di scienze. Di quelle che i medici conoscono, e che ti annunciano dopo silenzi interminabili.Invece è un cambiamento, anzi una legge. Perchè anche il caos ne ha bisogno, di leggi intendo. Le farfalle non lo so se al caos piacciono, a me sì.Volano a caso, sembra che non vogliano cambiare nulla, e invece ti cambiano la giornata.Basta vedere l'effetto sui bambini: gridano, saltano, prendono a urlare. Gli basta una cosa del genere per cambiare la loro giornata. Adoravo inseguirle per ore intere nei pomeriggi assolati, nel giardino della casa sul lago dove io e Jeremy passavamo l'estate. Erano le mie compagne di giochi preferite...ma in così tanto tempo cambiamo parecchie cose.A me, per esempio, non bastava più solo quello per essere felice, ma rimanevo affascinata comunque dal loro instancabile equilibrio, dal loro continuo battere le ali. Sono minuscole, la loro vita vale un battito di ciglia della nostre eppure hanno sulle spalle un compito simile.L'effetto farfalla.In altre parole il fatto che minuscoli eventi, anche all'apparenza stupidi, possono cambiare dall'altra parte del mondo qualcosa. La questione è sempre lì, il nocciolo del problema è lo stesso: con una teoria simile, se una farfalla fa cambiare qualcosa, l'uomo sconvolge una vita. Io sconvolgevo in male, di solito. Guardate Stefan! Aveva conosciuto me e in modi parecchio complicati era tornato ad essere il mostro di una volta, talmente circondato dall'odio che non riusciva nemmeno a uscire. E Damon? Lui stava soffrendo per amore di una donna che avrebbe solo voluto non far soffrire nessuno.
    Sì avrei voluto tanto non dover vedere nessuno stare male. Avrei voluto non essere costretta a ferire uno per far felice l'altro..per far felice me. Perchè credetemi piuttosto che essere felice portando dolore avrei preferito vivere una vita priva di gioia ma... ma ero stanca. Stanca di dover fingere con Stefan che tutto fosse rimasto come prima, stanca di dover fingere con Damon indifferenza. Avrebbe comunque sofferto qualcuno no? E poi fingere avrebbe fatto soffrire anche l'altro... Lo aveva detto anche Celeste: dovevo scegliere. E Damon mi amava. Peccato solo che sentirserlo dire da qualcuno e sentirselo dire da lui erano due cose completamente diverse. E sì avrei pagato oro perchè fosse lui a dirmelo. E avrei anche pagato oro perchè mia madre fosse lì a dirmi che sarebbe andato tutto bene anche se magari non era vero, a ricordarmi che cos'è l'amore quello vero, anche se le discussioni in merito le ricordavo anche fin troppo bene. "Elena si parla di amore vero quando non riesci nemmeno a rendertene conto, quando tutto quello che ti circonda perde senso". E mi era successo, solo che era tutto troppo complicato perchè potessi realizzato. "L'amore vero supera ogni cosa, non importa di che tipo, l'amore vero è immortale", non avrebbe potuto scegliere definizione migliore. Immortale, misterioso, tetro tutto poteva benissimo riferisi anche a Damon. Ero pronta per uno come lui? Ero abbastanza forte per resistere alla sua impredivibilità? Sì il problema non era quello, il problema erano le conseguenze di una mia probabile dichiarazione. Non c'entrava nemmeno con me ma sempre con Damon: non potevo sopportare che lui perdesse suo fratello per colpa mia. Sarebbe stata una colpa troppo grande da sopportare. Forse...forse avrei dovuto solo chiedere a lui, ma mi sembrava così ipocrita chiedere un consiglio a lui su qualcosa che lo riguardava. E poi che cosa cambiava? Se la cosa si fosse invertita lo avrei portato a confessare il suo amore e magari mi sarei pentita dopo di tutto. Mi accucciai vicino alla lapide, sfiorando con la punta delle dita il marmo freddo. Non ricordava mia madre nemmeno nella foto, vagamente ingilliatta, che la raffigurava con un sorriso statico e per niente reale. Mi mancava, odiavo pensare che avrei dovuto vivere la mia vita intera senza di lei, ma rimanevano comunque -perfortuna- certe persone capaci di levigare quel vuoto. Damon era una di queste. Non mi ero nemmeno accorta del suo arrivo, anzi all'inizio lo avevo semplicemente classificato come il classico guastafeste della situazione. Voleva mettersi in mezzo tra me e Stefan, guidato da sentimenti come odio e rancore che difficilmente riuscivo a comprendere. Più di una volta mi ero ritrovata, spaventata, a domandarmi come mai non ci lasciasse vivere il nostro angolo di Paradiso...e probabilmente tra una notte di lacrime e una sua battutina sarcastica si era infilato tra le ossa, nell'anima. Non me ne ero resa conto perchè con la sua solita andatura felina faceva ben poco rumore ma c'era, c'era sempre stato, e ora come non mai si faceva sentire. Non più come l'ostacolo tra me e Stefan ma come quel pezzetto di Paradiso che tanto pensavo volesse violare.
    La chiacchierata con Celeste -i suoi occhi continuavano a balenarmi davanti- aveva solo peggiorato le cose: ora avevo paura che confessando quel che provavo -ormai chiaro anche a me- avrei solo rovinato qualcosa fra loro due.
    Persa com'ero ad autoflagellarmi con una probabile love story tra Damon e la biondina non lo sentii arrivare e sussultai visibilmente quando parlò alle mie spalle. Parli del diavolo e spuntano le corna, dicono, ma lui non era un diavolo. Non per me. Mi sbrigai a cancellare le lacrime, fermata solo da qualche secondo -che sembrò durare un secolo- che passai a specchiarmi nei suoi occhi. Non volevo che se ne andasse, detestavo l'idea che potesse sparire e non tornare e ora che lui era lì avevo così tante cose di cui parlare. Celeste era il primo argomento, dovevo sondare il terreno e sopratutto capire se potevo dire tutto...oppure no. Niente fretta giusto Eppure quella strega bionda mi urlava ancora in testa di muovermi.
    Ehi...
    sussurrai alzandomi e tornando a guardarlo negli occhi per poi indicare distrattamente la tomba di famiglia. La dolcezza delle sue parole mi risuonava ancora sottopelle.
    Tranquillo non...non hai interrotto nulla di speciale.
    sai stavo solo pensando a te, come sempre ultimamente aggiunsi col pensiero arrossendo appena. Chissà se un giorno avrei potuto...no. Dovevo smetterla di pensare alle cose come se avessi un futuro davanti: non sapevo nemmeno se saremmo campati il giorno dopo! Mi ricomposi in fretta, ben conscia che l'unica cosa che potevo volere in quel momento era rifugiarmi tra le sue braccia. Sì quel cambiamento improvviso, quell'attrazione sconvolgevano spesso anche me ma avevo smesso di pensarci troppo.
    Ti stavo pensando in realtà -oddio ma ti sei fumata il cervello?!- e...devo parlarti... -non farlo stare in ansia più di quanto non fai già!- di parecchie cose...ho visto Celeste e sì devo dirti delle cose...ehm...importanti...quindi non so se hai altro da fare possiamo vederci in un altro momento ma ho bisogno di dirtele...e tu di sentirtele dire....
    sussurrai con un coraggio che non credevo nemmeno di avere.


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    La guardavo domandandomi internamente cosa potessi fare per alleviare, anche in minima parte, quel suo dolore che stava esternando tramite quelle lacrime amare che le scendevano lungo il viso. Avrei fatto seriamente tutto quello che era in mio potere per farla stare meglio e non lo dicevo solo così per dire...perchè io avrei SERIAMENTE smosso mari, montagne, ucciso chiunque pur di rivedere quell'espressione spensierata che un tempo quell'umana aveva. Troppi drammi,troppe sofferenze e troppe perdite echeggiavano nella sua vita per essere una 17enne alla prese con qualcosa di più grande di lei. Io potevo sopportarlo e anche mio fratello, insomma avevamo vissuto abbastanza tempo per farci le ossa e per capire come andava il mondo. Noi avevamo perso quell'ingenuità che invece caratterizzava Elena, quella sua spensieratezza, quella sua dolcezza che lentamente stava svanendo. Ecco perchè mi sentii in colpa. Insomma funzionava così,no? quando ami veramente qualcuno speri di vederlo perennemente felice e non in costante pericolo. Non vorresti mai vedere quelle persona piangere per la morte dei suoi cari o per un ex fidanzato che aveva perso la sua umanità. Quindi ecco che dentro di me si aprì una sorta di voragine all'altezza del petto dove confluivano tutti quei pensieri del tutto nuovi per un tipo come me. Rimasi lì,appoggiato a quel vecchio albero, a fissarla tramite i miei occhi ora terribilmente scuri per quanto stessi provando. Rammarico e colpa. Colpa per non potere dare una vita migliore a chi avevo capito di amare con tutto me stesso. Tranquillo...non hai interrotto nulla di speciale. La voce della ragazza cercò di persuadermi dall'idea che mi ero fatto ma io continuavo a pensarla a modo mio. Corrugai la fronte, leggermente pensieroso mentre continuavo a tenere le braccia incrociate al petto sempre con gli occhi puntati su di lei e su quelle lacrime che ancora non erano scomparse del tutto. Io credo che lo sia invece. risposi con tono basso.Mi riferivo a quello che stava facendo, ossia far visita ai suoi genitori e a sua zia durante una domenica mattina, all'insaputa di tutti. Non era qualcosa di poco speciale come l'aveva definito lei...insomma andare a fare la spesa, andare a farsi una corsetta mattutina,passare tutto il giorno a casa o l'intera sera in uno stupido bar era qualcosa di "poco speciale"...ma non quello. Non dare libero sfogo ai ricordi ed ai pensieri più cupi e nostalgici. Non mi mossi di un centimetro, attendendo lei e la sua voce che non tardò ad arrivare. Ti stavo pensando in realtà. Quell'informazione mi colpì, stupendomi più di quanto potessi immaginare. Lo stava facendo veramente? Cioè stava pensando a me? Lo stupore poteva essere ben letto sul mio viso e sulle mie labbra che si aprirono in un debole ma sentito sorriso. Mi stavi pensando in un cimitero deserto?! Potrei offendermi sai? dissi quella frase unicamente con l'intento di riportarle il sorriso perchè avevo sopportato fin tropo l'immagine di Elena triste . Io ero fatto così, per sdrammatizzare la situazione davo aria alla bocca e facevo battutine che la maggior parte delle volte erano fuori luogo. Ma probabilmente non quella volta visto che scorsi un'accenno di sorriso sulle labbra della ragazza che mi fece staccare finalmente da quel tronco che mi aveva sorretto fino a quel momento. Immediatamente mille opzioni invasero la mia mente sui contenuti dei suoi pensieri sul sottoscritto...cercando di capire quali fossero più probabili e cosa aspettarmi da lei. Ma quest'ultima mi precedette spiegandomi che aveva bisogno di parlarmi e quando citò il nome di Celeste sbiancai bloccandomi completamente. Lei e Celeste si erano viste? Quando e per dirsi cosa? Ero dannatamente confuso e per questo chiesi maggiore chiarezza. Tu e Celeste? Qualcosa mi sfugge. dissi irritato. Lo ero sempre quando scoprivo le cose DOPO gli altri e sopratutto non capivo la natura del loro incontro. Ma quando la ragazza continuò dicendomi che mi doveva parlare seriamente, addolcii subito lo sguardo e l'espressione tirata e rigida del mio viso e cercai di rilassarmi. Cose da fare dici? Solamente portarti a fare colazione. Il resto può aspettare. avevo notato la sua tensione e l'ansia che aveva messo nel suo breve ma intenso discorso quindi la stavo semplicemente aiutando. Era domenica ed era prestissimo....e se la conoscevo piuttosto bene non aveva neppure fatto colazione. L'avrei accompagnata molto volentieri...per poi parlare di qualsiasi cosa lei volesse. Bella o brutta.Tanto ormai non mi spaventava più nulla. Compii un paio di passi nella sua direzione, piazzandomi proprio davanti a lei per porgergli la mano per aiutarla ad alzarsi. Volevo in tutti i modi riportare il sorriso sul viso di quella ragazza. Se lo meritava più di chiunque altro.


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    « Elena Gilbert

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    Assurdo pensare che, quando stai pensando a qualcuno e quel qualcuno si presenta davanti a te tutti i pensieri che gli stavi rivolgendo perdevano senso. Non mi importava più troppo di quelle congetture inutili, non più almeno, non ora che era davanti a me. A che serviva continuare a farsi del pensando e ripensando sempre alle stesse cose? Serviva, e anche parecchio. Era una sorta di autopunizione, almeno per me. GLi avevo fatto così tanto male, volente o nolente, che l'idea di poterlo ferire ancora era troppo amare e tagliente per essere presa in considerazione, ma dovevo pensare ad ogni minima cosa perchè questo non accadesse. A pensarci con il senno di poi era una cosa piuttosto logorante, visto che avrei potuto semplicemente ire tutto come aveva fatto la bionda con me. Non si era fatta tanti problemi su come stessi e cosa pensassi, aveva detto chiaro e tondo che se volevo prendermi Damon ero ancora in tempo, se no ci avrebbe pensato lei. Prendermi...non era una merce di scambio dannazione! E dovevo averlo pensato anche quella volta, perchè ricordavo ancora la mia voce, ben superiore ai toni normali, rimbombarmi nelle orecchie. Non mi arrabbiavo spesso, non amavo litigare con le persone perchè alla fine mi lasciava un senso di vuoto a livello dello stomato che raramente riuscivo a sopportare a lungo, ma in quel caso non ero riuscita a trattenermi. Avevo pensato...sì avevo pensato che lei fosse la prima e unica persona con cui parlare. Pensiero stupido, visto che era una sconosciuta, ma pensavo che mi avrebbe aiutata non distrutta senza ritegno! Perchè sì, ricordarmi ad alta voce tutti gli errori che stavo facendo aveva fatto male, parecchio. E se mi ero arrabbiata tanto era solo perchè in realtà era quello che qualcuno avrebbe dovuto dirmi molto prima: svegliarmi, darmi una mossa, farlo e basta. Lei smebrava farla maledettamente facile, in ogni caso: a lei non importava se Damon perdeva Stefan, non le importava se avrei causato altro dolore per lei era tutto normale, tutto nella regola. Lei non aveva amato Stefan per poi accorgersi che sì Damon le era entrato nell'anima, che lo amava più di ogni altra cosa al mondo e questo quando? Beh logicamente quando Stefan aveva più bisogno di lei.
    Bisogno...beh ne aveva, ma non certo da quando aveva deciso di fare per conto suo. Ricordavo anche quello: il tentativo miseramente fallito di riportarlo sulla buona strada. Se un bacio, seppur per niente convinto, non l'aveva riportato indietro allora non avevo idea di che cos'altro avrebbe potuto farlo. Io avevo bisogno di un attimo per respare...egoistica decisione, che continuavo a rinfacciarmi, ma non lo avrei aiutato affatto con tuto quel caos dentro. Dovevo risolvere tutto, nel minor tempo possibile certo, e poi avrei anche potuto riprovare. Non con quel modo, magari non da sola. Certo...non da sola. Sempre se quel che volevo fare non fosse troppo in ritardo e sempre che Damon fosse ancora lì per me...
    Perchè pensavo a tutto quello quando avevo davanti? Avevo rivisto i suoi occhi ovunque e ora che potevo gaurdarli tenevo lo sguardo basso, come se avessi vergogna. Beh effettivamente non sapevo dove partire: passato il coraggio iniziale non avevo la benchè minima idea di che cosa dire prima e cosa dopo. Se avessi prima amesso il mio amore per lui forse tutto il resto sarebbe caduto in secondo piano, e sarebbe satto insensato pensare a Stefan o nel peggiore dei casi se ne sarebbe andato e anche lì addio alla questione Stefan. Ma se parlavo prima di lui sarebbe suonato tremendamente falso dire che lo amavo. Sì l'idea di partire dalla sua domanda non era male: parlare di Celeste. Non era esattamente quel che morivo la voglia di fare ma infondo era un buon punto di partenza...ma che avrei potuto dirgli? Che ci eravamo incontrate e avevamo parlato di lui? Poi sarebbe sembrato qualcosa dettato dalla cattiveria di Celeste e di non vero. Dannata io e la mia boccaccia! Ma anche se fossi partita con la dichiarazione sarebbe sembrata troppo affrettata...
    Oh santo cielo smettila, mi stai esasperando! mormorò una vocina. Bene, stavo esasperando anche me stessa. A dirla tutta avrei voluto prendermi la testa per le mani per l'esasperazione, avrei voluto farla finita e urlare tutto al mondo. Che sì amavo Damon Salvatore, e sì avevo deciso di dirlo in un momento del genere, e che volevo imparare a cacciare vampiri per aiutare Stefan perchè lo dovevo a lui, a Damon e anche a quella Elena che una volta lo aveva amato così tanto. Ma appunto il coraggio era svanito.
    Quando mi risvegliai simbolicamente dai miei pensieri mi ritrovai la sua mano davanti e le sue parole che mi riecheggiavano in testa: una colazione. Con lui. Era un invito decisamente carino ma non ero sicura che sarei riuscita a mangiare qualcosa...anche se infondo una dichiarazione in un cimitero non era il massimo del romanticismo. Mi mordicchiai il labbro per qualche istante, forse per evitarmi di dire tutto lì, accavallando le parole, e posai la mia mano sulla sua, avvertendo quella minuscola scossa che sentivo ogni volta.
    Ma certo molto volentieri!
    ammisi annuendo -stupidamente, tremendamente stupidamente! Avevo deciso di fare la bambina ora-per rafforzare il concetto -che bisogno c'era di farlo?!.
    Avrei comunque dovuto rispondere alla sua domanda, era preoccupato e dubbioso in merito e aveva sorriso solo perchè avevo detto che dovevo parlargli. Me ne ero accorta, ormai riuscivo a leggere le sue emozioni e la cosa mi spaventava almeno quanto mi affascinava.
    Saggiai per bene le parole, selezionandole con cura maniacale.
    Ci siamo incontrate per caso in bibliotecha e...mi ha detto di te e lei...
    ammisi. Sì forse non avrei dovuto dirlo così ma alla fine era esattamente quel che volevo sapere: se avessi deciso di dire tutto avrei rovinato la sua vita-per l'ennesima volta-?
    Aspettando la risposta mi concentrai sulla dolcezza delle sue parole, sul fatto che avesse detto "che il resto poteva aspettare". Avevo tralasciarto la battuta sul cimitero più che altro perchè non sapevo che rispondere: io lo pensavo ovunque, non solo lì, almeno ultimamente.


    code by KAY « ◘ img by tumblr ◘ quotes by fonte -- STARRING: Nina Dobrev

     
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