Don't listen to a word I say

Gennaio/terza settimana/sabato/notte

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  1. {Sweetheart'
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    Where there is desire, There is gonna be a flame, Where there is a flame...Someone’s bound to get burned


    Evangeline Nicole Austen
    Che fosse un periodo di merda ormai l avevano capito anche i muri. Avevo i nervi a fior di pelle e per la minima cavolata ero pronta a saltare sul posto, attaccare bottone e menar le mani. Al club stesso avevo dato, pochi giorni prima, il meglio di me: c era Ross, un cliente abituale, che diciamo avesse un “lasciapassare”.. portava un sacco di soldi al locale e altrettanta clientela, quindi ci avevano avvisate di esser particolarmente gentili con lui. Non che questo significasse farsi palpare ogni parte coperta e non del corpo, ma comunque era ben accetto un sorriso più languido e un balletto in più. Ecco, avevo stampato proprio sul viso di Ross le mie cinque dita quando, dopo aver alzato un po’ il gomito, aveva insistentemente posato i suoi artigli sul mio di-dietro. Non immaginate nemmeno il casino che ne venne fuori, ed io fui costretta, in un certo senso, a chiedere scusa. Cosa che feci controvoglia e con un aria per nulla dispiaciuta, ma l importante era che dalle mie labbra uscisse un –mi scusi Dottor Krever- giusto?! Potevo mandare tutto e tutti al diavolo, questo era vero, ma avevo un disperato bisogno di questo lavoro perché qui, paradossalmente, riuscivo a beccare più vampiri che in qualsiasi altro posto. Il mio era un dovere etico e, pertanto, non potevo farmi allontanare malamente senza possibilità di ritorno. Per tale ragione misi il mio orgoglio da parte e mi scusai, riprendendo il mio lavoro nella maniera più distesa possibile. Se avevo capito qualcosa da questo episodio, era che potevo utilizzare tale passatempo come un modo per sfogare la mia rabbia repressa e non lasciare che i dissapori la incrementassero. Condussi, dunque, le successive settimane nella maniera più tranquilla possibile, incassando più delle mie colleghe e soddisfacendo un numero ben più alto di clienti rispetto alle altre cubiste. Pensai di aver superato il momento critico al lavoro, lo pensai con tutte le mie forze, ed ero davvero vicina a credere che, per una volta, tutto potesse andare liscio, ma mi sbagliavo. Non appena uscii dal mio ultimo turno lavorativo, indossando il mio giubbotto di pelle nero e i vestiti poco “eleganti”, mettiamola così, sentii che il mio smartphone iniziò a squillare con la classica suoneria delle mail. Avrei potuto leggere a casa quel messaggio, era vero, ma il mio istinto mi consigliò di afferrare il cellulare e di leggere quella mail, anche se una parte di me fosse convinta fossero i classici messaggi di spam o cose del genere. Ma mi sbagliavo.
    Era il mio datore di lavoro, nuovo, che imponeva turni nuovi così, a caso, senza sentire il parere dei suoi dipendenti. Questo Mr. Grey mi dava ai nervi, a me tanto quanto al resto dello staff, perchè era arrivato da poco e già dettava leggi, come se noi fossimo i suoi servi della gleba e lui il nostro padrone. Odiavo le persone così. Coloro che hanno talmente tanto potere da poter fare il buono e il cattivo tempo senza che nessuno dica loro nulla. Ne avevo piene le scatole delle sue imposizioni ed era venuto il momento che qualcuno andasse a scambiare due paroline proprio con il Mr. Grey, che badava bene a non farsi beccare in giro.
    C era chi diceva fosse un mostro, un ottantenne calvo, con la bava alla bocca, e pedofilo, con tanti di quei soldi che poteva tranquillamente pulirsi il sedere ogni volta che correva in bagno, magari come effetto collaterale di qualche pillola ingerita. C era chi diceva che l aveva visto di sfuggita e per poco non vomitava per quanto abominevole fosse. Erano le classiche leggende metropolitane, quelle teorie che passano di voce in voce arrivando a dire mezza verità, più o meno.
    Avrei potuto continuare a camminare verso la mia macchina e guidare nel silenzio più totale verso casa, con una frustrazione che mi montava da dentro, ma non lo feci. Era arrivato il momento di reagire ed era ciò che avrei fatto, anche se mi fosse costato lo stesso posto di lavoro.
    Dalla stessa porta dalla quale ero uscita, entrai nel locale, dal retro, camminando in quell ambiente che stava per esser tirato a lucido, come ogni sera, dallo staff notturno, quello adibito alla pulizia e al risistemare l intero club. Facevano un lavoro eccelso e in pochissimo tempo. Salutai con un cenno della mano o un sorriso i miei colleghi, che di vista conoscevo, mentre attraversavo la zona privè, a passo marciante, intenta a superare quella porta che nessuno aveva mai avuto il coraggio di varcare. Quella con scritto “Vietato entrare, zona riservata”. Non esistevano uffici lì, se non quello super-mega-immenso di Mr. Grey. Sapevo che con molta probabilità mi stava osservando dalle telecamere che aveva accuratamente piazzato in ogni angolo del locale, per tenere sotto controllo il traffico della sua nuova acquisizione, ma non avevo paura di lui, né tanto meno delle probabili guardie del corpo che mi avrebbe scagliato contro. Ero una sua dipendente, ciò che volevo era unicamente parlargli.
    Salii le scale che mi permettevano di raggiungere i piani successivi, sapendo perfettamente che il suo ufficio prendeva tutto l ultimo piano, quello prima della terrazza su cui si poteva dare con tranquillità feste e festini. Spalancai, dunque, l ultima porta anti-panico che mi trovai di fronte una volta raggiunto il penultimo piano, ed entrai in quel corridoio in cui si respirava di già un aria “ricca”. Tutto era rivestito di marmo, marmo scuro, e si potevano ammirare delle sculture ed opere qua e là, dal valore inenarrabile. Il signor Grey era fottutamente ricco e su questo non vi era alcun dubbio. Rallentai automaticamente il passo, ammirando tutto ciò che mi circondava con una certa curiosità ma anche consapevolezza che quello che stavo andando a fare mi avrebbe messo in una posizione altamente scomoda. Arrivai dinanzi all ultima porta, quella su cui era appesa una targhetta dorata con scritto “Ufficio del Dottor. Christian Grey” che puntai con lo sguardo, con il naso leggermente all insù, quasi tentennante sul da farsi. E poi presi coraggio. Bussai un paio di volte ed aprii la porta, prontissima a trovarmi davanti un vecchio attempato dietro la scrivania, che magari faticava anche ad alzarsi da solo. Ma non fu così. Quando spalancai la porta e mi portai automaticamente di un passo in direzione di quell immense ufficio, chi trovai di fronte a me non era propriamente chi mi immaginavo. Rimasi qualche attimo in contemplazione di quella figura che, di spalle, osservava la cittadina sottostante grazie alle immense vetrate che fungevano da pareti. –Immagino lei sia il segretario del Dottor. Grey- interruppi in quel modo il silenzio glaciale che esisteva in quella stanza, così grande e quieta da donarmi una certa angoscia interiore. Dedussi che non fosse propriamente lui Mr. Grey, non ci pensai nemmeno per un attimo, perchè la mia mente era così decisa nell ascoltare le dicerie popolari che non ebbi nemmeno il beneficio del dubbio. –avrei bisogno di parlare con lui, potrebbe dire al suo superiore di uscire dalla sua tana ed affrontare una dipendente stanca di dover abbassare la testa ed annuire ad ogni suo stupido ordine?!- mi scaldai e lo feci con assoluta spontaneità com era nel mio carattere, appoggiando il borsone e il resto delle cose che mi ero portata a mano su una di quelle costosissime poltrone rivestite in pelle marrone, facendo ben intendere che di lì non me ne sarei andata prima di aver parlato con il temutissimo Mr. Grey. Abbozzai un sorrisetto in direzione del segretario, attendendo che mi annunciasse, ignara del fatto che fosse proprio lui il mio superiore.


    featuring Evangeline Lilly - SHEET - ISPIRED BY Pink, try - DRESSES


    role scheme © danny,, esclusivo per lo shadowsouls


     
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