Sometimes, I feel like I'm underwater

febbraio/prima settimana/ giovedì/pomeriggio

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    « Stefan Salvatore

    vampire ○ onehundredsixtyfive


    C'erano momenti in cui mi maledicevo da solo, quasi in preda ad una rabbia interiore più forte di qualsiasi cosa. Il fatto strano, era che riuscissi ad arrabbiarmi più con me stesso che con qualunque altra persona. Persino Damon non riusciva a farmi provare tanta rabbia. La realtà era che, dopo aver letto quel foglio sul quale Elena si era sfogata, probabilmente scrivendo cose che a me non avrebbe voluto mai dire, non riuscivo a farmi una ragione di tutta quella situazione. L'unica morale che riuscivo a trovare in tutto ciò, era il fatto che fossi un vampiro, un essere che non avrebbe mai potuto cambiare la propria natura. Forse tanto valeva non provarci neppure a "tornare normale", se, in ogni caso, la persona che avevo al mio fianco aveva paura di me. Com'era la frase? Oh sì. Mi vedeva come una maledizione. E forse, dopotutto, non aveva tutti i torti. Forse dovevo realmente lasciarla vivere la sua vita senza la mia presenza, senza tutte queste cose soprannaturali alla quale era sottoposta da mesi ormai. Insomma, potevo essere io il problema, no? Il vampiro che non sapeva stare al proprio posto, il vampiro che l'aveva dovuta conoscere per forza ed entrare prepotentemente nella sua vita. Insomma, era chiaro quanto, al momento, non riuscissi a pensare lucidamente. La mia mano era subito andata ad appoggiarsi alla fronte, quasi sofferente e stanca di tutti quei pensieri che riuscivano a vagare contemporaneamente ed incessantemente nella mia testa. La cosa ironica di tutta quella situazione, era che per Rebekah si fosse trattato solo di un gioco, un dispetto fatto alla sua nemica numero uno. In realtà, però, aveva scatenato molte più cose di quante potesse aspettarsi. Al momento, più che tutta quella situazione assurda, ciò che mi pesava era l'assenza di sangue umano nella mia vita. Era un fatto costante quando mi capitava qualcosa di brutto o quando soffrivo per qualcuno. Sì, perchè nonostante non avessi smesso di amarla, quelle parole mi avevano fatto male. Semplicemente perchè di verità si trattava. E quindi, se il Ripper non usciva fuori, ormai potevo considerarmi una sorta di fusione tra i due Stefan. Ero un vampiro arrabbiato che avrebbe cercato nel sangue umano una sorta di consolazione. Un bell'esempio da seguire, questo era scontato.
    Proprio per tutti questi motivi ero venuto al Grill. Un locale dove, purtroppo, avrei potuto incontrare chiunque, ma avrei rischiato. In realtà volevo stare tranquillo, volevo semplicemente sedermi, non pensare e bermi un buon liquore in santa pace, l'unica cosa che riusciva a sopprimere, almeno in parte, quel bisogno impellente di sangue, almeno in questi casi. Certo, starmene da solo non faceva altro che aumentare i miei pensieri rivolti sempre a quel dannato foglio. A volte mi domandavo perchè anche io non potessi essere come Damon, che se ne fregava di qualunque cosa, di qualunque persona, di qualunque situazione. Mi sarebbe servito tanto essere così, al momento. Ma d'altronde, il menefreghista della famiglia era lui. Io ero il pensatore, colui che si sarebbe sempre sentito in colpa per qualcosa, a tal punto da volersi punire per l'eternità. Oh sì, quella era la parte che più di tutte avrei voluto cambiare di me stesso. E l'unica persona che riusciva a cambiare, anche solo momentaneamente, quella mia parte, era la persona che ora avrei tenuto più lontana da me, almeno per oggi. Non potevo starle vicino sapendo di spaventarla a tal punto da dover sempre avere timore di ciò che poteva accadere. Lo ero già io abbastanza, non avrei permesso che succedesse anche lei. Io l'avrei sempre messa al primo posto, anche prima di me stesso. Le sarei stato lontano, in modo che non si sentisse in pericolo, almeno finchè non avrei trovato il modo di controllarmi in maniera sicura ed infallibile.
    Oltre ad osservare il bicchiere mezzo pieno di quel liquido leggermente colorato, che si muoveva appena al mio tocco, tenevo tra le mani anche il cellulare. Avevo appena mandato un sms a Caroline. " Se hai tempo, io sono al Grill. Avrei bisogno di parlare con qualcuno. Stefan " Io negli sms ero sempre chiaro e conciso, anche perchè non amavo molto, in realtà, quel modo di comunicare. Preferivo parlare di persona, sinceramente. Era molto meglio parlare guardando negli occhi il tuo interlocutore, per capire ancora meglio gli stati d'animo, il tono, tutto ciò che c'era dietro ad una normale conversazione. Avevo scelto Caroline perchè credevo potesse capirmi. Lei sapeva quanto il bisogno di sangue, per me, fosse un po' una cosa nuova, rispetto a come mi comportavo da anni. Parlare con lei, magari, mi avrebbe aiutato a contenere questo mio bisogno impellente dovuto alla rabbia. O almeno lo speravo.


    code by KAY « ◘ img by tumblr ◘ quotes by The Vampire Diaries -- STARRING: Paul Wesley

     
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  2. sýnapse
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    « il nostro amore è polvere da sparo »
    CAROLINE FORBES
    vampire, seventeen eighteen years old
    I periodi difficili non erano mai mancati all'interno della mia vita. Le volte in cui avevo visto crollare davanti ai miei occhi i pilastri che la reggevano in piedi garantendone una certa stabilità, erano state molto più frequenti delle volte in cui tutto fosse andato per il verso giusto. A dire il vero, ormai da circa un anno a questa parte, era un continuo lottare. Lottare per proteggere le persone che ami, per poter averle accanto, lottare per la tua stessa vita, per sopravvivere. La mia normalità, la nostra, era in questo che consisteva, adesso, ed io cominciavo a stancarmi, a perdere lo spirito e la buona volontà che ci voleva per tener duro e aspettare che le cose si rimettessero a posto.
    La mia situazione, in quel momento, faceva letteralmente schifo. Avevo perso tutto nel giro di qualche giorno, e nonostante avessi avuto -prima che il peggio divenisse qualcosa di concreto- la netta sensazione che prima o poi qualcosa di terribile fosse successo, mi ero trovata pur sempre del tutto impreparata quando avevo dovuto davvero farci i conti. Non sarei mai stata pronta a separarmi da Tyler, sia che ci venisse imposto in modo brusco -così come era accaduto in quel caso- sia che avessi avuto tutto il tempo per prepararmi ad affrontare il momento. Era un punto fermo nella mia vita, Tyler, il solo probabilmente; finchè lui ci fosse stato, non avrei avuto problemi a superare tutto il resto, qualsiasi problema mi avesse riservato il destino. Era il mio porto sicuro, la prima persona alla quale pensavo quando, per una ragione o per un'altra, non stavo bene. Avere lui, la sola consapevolezza di averlo nella mia vita, la costanza con cui ne facesse parte, bastava a rassicurarmi, era il mio più grande punto di forza. Adesso non l'avevo più. Non avevo idea di dove fosse, non sapevo se stesse bene o se avesse bisogno di qualcosa, di qualcuno.. Di me. Non sapevo quando sarebbe tornato, ne se l'avrebbe fatto. Non sapevo niente di niente, tutto intorno a noi aveva preso le sembianze di un grosso punto interrogativo, un dubbio atroce che non faceva altro che gettare il mio stato d'animo nello sconforto più totale, e nell'agonia. Tutto ciò che sapevo era che era andato via per risolvere il problema dell'asservimento, che volesse provare a seguire il consiglio di mio padre -trasformarsi cioè fino alla nausea, fino allo sfinimento- così da poter riassumere il controllo di se stesso, così da poter smettere una buona volta di essere legato a Klaus, l'essere spregevole che aveva approfittato della sua innaturale ed incontrollata devozione nei suoi confronti, per invitarlo ad uccidermi, mordendomi. Questo non faceva altro che mandarmi ulteriormente in crisi, preoccuparmi, angosciarmi. Ero sempre stata presente quando Tyler aveva dovuto affrontare le sue trasformazioni, l'avevo supportato, momento per momento. Adesso era forte abbastanza per cavarsela da solo, questo lo sapevo anche. Ma era comunque una cosa difficile da affrontare, e lui aveva bisogno di qualcuno che stesse lì, ad incoraggiarlo, di qualcuno che potesse stargli vicino. La sola idea che potesse essere solo a fare i conti con tutto questo, per me era un vero e proprio tormento.
    Non perdevo comunque la speranza. Se l'avessi fatto, avrei davvero perduto ogni motivo per continuare ad esistere. Speravo ancora che avremmo al più presto trovato un modo per rimettere le cose al loro posto. Speravo che Tyler fosse riuscito nel suo intento e che, presto o tardi, fosse tornato da me, sta volta definitivamente. Infondo era già successo. Era già andato via, quando ancora non stavamo neanche insieme. Non era stato semplice, nemmeno in quel caso. Lo era stato piuttosto affezionarmi a lui, iniziare a dipenderne, letteralmente. Quello era stato più facile e naturale di quanto avrei mai potuto credere. E avevo potuto provarlo, per la prima volta, proprio in quell'occasione, avere conferma di quanto il mio benessere dipendesse da lui almeno in buona parte. Adesso la cosa era totalizzante, adesso non si trattava più di un 'almeno in buona parte', adesso dipendeva davvero da lui, tutto. E per questo non potevo smettere di crederci, di contare sul fatto che, in un modo o in un altro, l'avrei riavuto indietro.
    Tutto ciò mi portò ad accettare con grande entusiasmo, l'invito di Stefan. 'Avrei bisogno di parlare con qualcuno', ecco cosa diceva il suo messaggio. Se c'era una cosa che poteva davvero aiutarmi in quel momento era distrarmi, discutendo ad esempio dei problemi degli altri e dimenticando i miei. Che Stefan non mi avesse chiesto di andare al Grill semplicemente per parlare del più e del meno, per passare del tempo assieme, ovviamente, sarebbe parso chiaro a chiunque. E poi avevo una mezza idea di cosa potesse voler discutere. Non era nemmeno per lui quello che avrei definito un bel periodo. Klaus aveva creato scompiglio anche all'interno della sua vita; per citarne qualcuna, l'aveva reso dipendente dal sangue umano un'altra volta e aveva spento i suoi sentimenti per poi riaccenderli a suo piacimento. Diciamo che non era poi cosi difficile, per me, immaginare che non se la passasse tanto meglio della sottoscritta. Ed io, nonostante tutto, volevo sempre esserci per i miei amici. Anche quando la prima ad aver bisogno fossi proprio io. Stefan era uno di questi. Lui c'era stato per me, più di una volta. C'era stato soprattutto in un momento particolarmente difficile della mia vita, e non avrei smesso di essergli grata per questo.
    Arrivai una mezz'oretta dopo aver ricevuto l'sms. Individuai Stefan facilmente, era seduto ad un tavolo, da solo, e fissava quello che, ero certa, non fosse il suo primo bicchiere. Lo raggiunsi, salutando nel frattempo un po' di facce conosciute, Jeremy e Matt, che stavano entrambi dietro al bancone. «Ehi. Potevi almeno aspettarmi prima di iniziare a bere», esordii, prima di prendere posto di fronte a lui. «Ho bisogno di qualcosa di forte». Gli sorrisi, e intanto, da lontanto, feci cenno a Jeremy perchè si avvicinasse.
    featuring candice accola, quote by negramaro - cade la pioggia
    role scheme © danny,, esclusivo per lo shadowsouls




    Edited by sýnapse - 21/3/2013, 12:24
     
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    stefan
    « Stefan Salvatore

    vampire ○ onehundredsixtyfive


    Forse l'alcool non poteva essere un reale aiuto, forse non mi avrebbe portato nulla di buono. Ma in fondo non avevo nient'altro da poter fare, al momento. Avevo la testa completamente sovraffollata di pensieri, che giravano senza fermarsi. Sapevo di avere una mente labirintica, una mente che viaggiasse molto più velocemente di qualunque altra. Una mente che era strettamente collegata alla mia anima, visto che non faceva altro che sentirsi in colpa per qualcosa. Ed anche in questo caso era così. Non riuscivo mai a placare quella voce interiore che mi ripeteva quanto la colpa di tutto ciò fosse unicamente mia. Ero io che avevo voluto tutto ciò, in fondo. Io avevo cercato Elena ed io avevo deciso di lasciarla qui a Mystic Falls per seguire Klaus, allo scopo di salvare mio fratello. Era per tutti questi motivi che, probabilmente, lei si era sentita abbandonata, lasciata sola. Non riusciva più a vedermi per come ero veramente e, a dire la verità, non ci riuscivo neppure io. C'erano momenti in cui ero realmente il solito Stefan Salvatore, quello leggermente ombroso ma decisamente umano. In altri frangenti, però, avevo questo atteggiamento quasi strafottente, come se non me ne fregasse nulla di niente e di nessuno. Avevo spento i sentimenti per troppo tempo, mi ero nutrito troppo a lungo ed il Ripper era rimasto in libertà per un tempo che, ora come ora, si era rivelato essere davvero troppo. Mi ero creato, da solo, una confusione totale tra chi potessi essere e chi volessi essere. E la seconda opzione, purtroppo, era di gran lunga la più debole. Non avevo quasi più il controllo di me, me ne stavo rendendo conto man mano. E l'unica persona che riusciva, in parte, a ridarmelo, si era allontanata proprio quella stessa mattina. Che lo volesse o meno non aveva nessuna importanza. Io non avrei potuto andare avanti così, probabilmente. Non sapendo determinate cose. Erano parole forti, termini che non si usavano così per caso, in un momento di rabbia o di frustazione. Quelle cose le pensava realmente e poteva confermarmelo anche quella stranissima sensazione che provavo ogni qualvolta che ero in sua compagnia: era come se qualcosa fosse irrimediabilmente cambiato, come se certi equilibri non esistessero più. L'unica cosa che non riuscivo a scovare era la reale motivazione di tutto ciò, il che, per ora, mi portava a prendermela, oltre che con me, anche con Klaus. E, seppur non lo volessi totalmente, con Damon. Il primo, il vampiro originale per eccellenza, l'ibrido di cui tutti avevano paura, mi aveva trasformato come nessuno era mai riuscito a fare. Io avevo dovuto cedere ad ogni sua singola richiesta per salvare mio fratello, ed era proprio qui che l'altro Salvatore entrava in gioco. Nessuno me l'aveva chiesto, nemmeno lui. Ma una parte di me riusciva ad incolparlo per tutto ciò, ovviamente non in misura eguale a quanta ne davo a me stesso.
    Appoggiai il bicchiere, mezzo vuoto, su quel tavolo di legno sul quale appoggiavo anche le mie braccia, decisamente stanche e sfinite anch'esse per tutti i pensieri che avevo. Quella bevanda alcolica era fonte di uno strano benessere, quasi come se riuscisse a consolarmi. Su questo punto, io e Demon ci intendevamo alla perfezione. Ma più passavano i secondi e più mi accorgevo di quanto fosse una sensazione totalmente effimera. Fu proprio mentre mi soffermai ad osservare il liquido ancora presente nel bicchiere di vetro che sentii la presenza di Caroline nel locale. Spostai la testa, dunque, verso la sua parte, scorgendo finalmente la fluente chioma di capelli biondi che arrivava dritta verso di me. Lei era una di quelle persone che consideravo realmente amiche. Io stesso l'avevo aiutata a capire come resistere alla voglia impellente di sangue umano e dovevo ammettere che fosse diventata tremendamente brava, forse anche più brava di me e Damon, che eravamo vampiri da più di un secolo. Certo, vedermi in questo stato non era di sicuro un buon esempio da darle, ma ero sicuro che ce l'avrebbe fatta a superare tutto ciò. Non si sarebbe lasciata andare per me, era troppo forte sul lato psicologico. Sì, era davvero perfetta su quel lato.
    « Hai ragione.. » Mormorai, sospirando, in risposta alla sua affermazione. Sinceramente non avevo minimamente pensato al fatto di aspettarla, ero troppo preso dal voler bere per non pensare affatto. « ..offro io per farmi perdonare, okay? » Un lieve sorrisetto si dipinse sulle mia labbra, anche se quasi a stento. No, per me non era decisamente giornata e con smorfie come quelle era davvero impossibile non notarlo. In ogni caso, al momento, non potevo parlare di nulla, visto che Jeremy era arrivato immediatamente al tavolo, prontissimo a sentire l'ordinazione di Caroline. E parlare di Elena davanti a suo fratello non era certamente una cosa molto intelligente da fare. La bionda ordinò ciò che più le aggradava, mentre io non presi nulla. Una bottiglia di quel liquore era già più che sufficiente.
    « Come stai, Caroline? » Domandai, giusto per iniziare una qualche conversazione che non dovesse, per forza di cose, implicare la mia presenza nel discorso. Per quello avremmo avuto diverso tempo, in fondo. E poi ero abbastanza sicuro che nemmeno lei se la stesse passando molto bene. Almeno una cosa, in me, non era cambiata: sapevo ancora leggere nello sguardo delle persone che mi erano più vicine.



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