silenziosa lealtà

Gennaio/terza settimana/sabato/pomeriggio

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    TYLER LOCKWOOD

    SCHEDA PERSONAGGIO - hybrid, student, eighteen | ¤ featuring Michael Trevino
    Essere chiamati da Klaus significava una cosa molto semplice: aveva bisogno di un favore. O meglio, tra amici si usa dire in questo modo, nel suo caso si trattava di qualcos’altro. Era un obbligo, un semplice ordine da adempiere, senza SE e senza MA. Peccato che io ne avevo qualcuno, tutte le volte, che semmai provavo anche a dirgli ma che non riuscivo poi a rendere effettivi. Era l’asservimento, mi dicevano. Ed oramai, avendo accettato sia i pro che i contro di quella trasformazione in ibrido, l’avevo capito perfettamente e non avevo bisogno che ogni tre secondi qualcuno me lo ricordasse. Avevo invece bisogno che qualcuno mi dicesse come uscirne. Sapevo che mi sfuggiva qualcosa, avevo questa sensazione, o forse il timore d’aver la soluzione sotto al naso, davanti agli occhi e, come nei peggiori film, non accorgersene finchè non è troppo tardi. Di certo, anche e soprattutto l’incontro con Celeste, mi aveva motivato quel tanto che bastava per mettermi in moto. Dovevo solo continuare a comportarmi come facevo, con lui, soprattutto perché non avevo nessuna possibilità di fare il contrario, e cercare un modo per oppormi. Il tempo, prima o poi, sarebbe stato dalla mia parte. Senza contare che, a quel punto, era diventata una promessa a me stesso, a Caroline, che intendevo mantenere. Non l’avevo solennemente giurato, così come nessuno mi costringeva a rischiare così tanto. Però io volevo farlo sia per me stesso che per lei. Quel ballo, quell’evento a casa mia che ci aveva costretti a litigare, mi aveva aperto gli occhi. So bene che avrei dovuto aprirli da prima, che avrei dovuto badare ad alcuni dettagli fin dall’inizio, ma non sento di meritare delle critiche troppo cattive nei miei confronti, semplicemente perché, per quanto le persone che mi erano state vicino avevano un’idea piuttosto tangibile di cosa avevo patito e di cosa vivevo tutt’ora, soltanto io ne ero davvero consapevole, soltanto a me, il tutto, era completamente chiaro.
    Io odiavo Klaus. E non perché mi avesse fatto qualcosa di preciso, anche se potrei dirvi che mi aveva ucciso ed ero riuscito a salvarmi per il rotto della cuffia, oppure potrei parlarvi delle innumerevoli volte che aveva tentato di uccidere uno dei miei amici. Ma, alla fine, era per tutto quello che rappresentava. E che io non ero. Era il mio sire e, in quanto tale, sentivo di dovergli qualcosa, nel profondo. Un qualcosa che era rappresentato dalla lealtà. Tacita, profonda, naturale, incontrollabile. E per quanto la gente volesse definirmi un coglione, un’idiota senza coraggio, non arrivavano seriamente a capire il filo logico di tutto questo e a cosa mi portava. La puttanella di Klaus, come avevo detto con Celeste. Era questo. Io ero questo. Che fosse una cosa difficile da comprendere, accettare, con cui fare i conti, lo sapevo, per Dio, ero proprio io quella persona quindi ero più che consapevole di quale situazione vivevo e di quanto fosse avvilente, quanto poco controllo in realtà avessi delle mie azioni, quanto snervante, irritante fosse tanto portarmi all'autodistruzione il suo girare intorno a Caroline, soprattutto se avesse continuato a farlo.. Ma.. non avevo scelta! Se non quella di fare il possibile per evitare casini grossi o trovare un modo intelligente per oppormi a tutto quello, senza perdere la testa. Difficile, se poi mi chiedeva di fare determinate cose. Ma andiamo con ordine.
    Dopo la sua telefonata, decisi di non rivelare a Caroline i miei piani per quel pomeriggio semplicemente perché non volevo che si preoccupasse. Fino ad allora, infatti, Klaus mi aveva sempre chiesto di fare cose banali e, pur avendo il sospetto che prima o poi sarebbe arrivato qualcosa di grosso, speravo sempre che non fosse quello IL giorno, quindi di rimandare il momento a data da destinarsi. Atteggiamento stupido? No, evitare di far crescere maggiormente preoccupazione in lei, semplice. Arrivai a casa Mikaelson nel tardo pomeriggio, e trovai giusto un paio di ibridi tipo “guardie del corpo” ad attendermi davanti alla porta. Ovviamente non erano lì per me, ma perchè si improvvisavano guardie del corpo. Mi fecero tranquillamente entrare in casa, e andai direttamente in una stanza da cui –grazie al mio udito sensibile- avevo potuto udire la voce di Klaus, forse rivolgersi ad un altro ibrido. Doveva essere soddisfacente per lui, avere tutti al suo servizio, grazie ad un semplice schiocco di dita. Chissà se, a pensare che nessuno era lì perché voleva essere lì davvero, lo sarebbe stato altrettanto per lui. -Mi hai mandato a chiamare?- chiesi, infilando le mani nelle tasche dei jeans ed addentrandomi in quella sala. Non mi guardai intorno, non era la prima volta che entravo in quella grande tenuta, e delle volte riuscivo tranquillamente a mettermi nei suoi panni, su un aspetto più che altro, e cioè: una grande casa per così poche persone. Infondo quegli ibridi erano lì da quando? Da ancor meno tempo di me, visto che ero il primo ibrido riuscito. Quella dimora era, quindi, più grande della mia ma, come nel mio caso, abitata da poche persone, alle volte risultando così vuota da spaventare. Ad ogni modo, attendendo che si voltasse, così da avere la mia attenzione, arrivai anche ad un’altra conclusione. La sua presenza, che per ovvie ragioni metteva un certo timore a tutti, ultimamente aveva un effetto diverso su di me. Non ero così stupido da sottovalutarlo, ovviamente. Continuavo a reputarlo, come chiunque, la minaccia peggiore sul pianeta terra per qualsiasi essere umano e soprannaturale. Ma il mio atteggiamento nei suoi confronti era diverso e non reputavo, ciò, una conseguenza del legame d’asservimento. Semmai lo reputavo tale perché, per quanto fossi consapevole della lealtà che mi legava a lui, ero leale più di ogni altra cosa a me stesso. E speravo, senz’altro sbagliando, di potermi affidare a questo, in ogni caso.

    role scheme © danny,, esclusivo per lo shadowsouls



    Per Klaus <3
    PS: Se lo chiami TAILAH, sappi che il mio bel ibriduccio gli salta addosso (gli farò fare le mie veci) e addio Caroline u____u ahahaha
     
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    SONO I DETTAGLI A RENDERE LEGGENDARI.
    Niklaus Mikaelsonn
    Non gli era bastata la grazia concessagli. Non gli era bastato riavere la sua libertà, di non essere più costretto a stare dalla mia parte con la forza, grazie a delle mie minacce, né di poter andare libero in qualsiasi angolo di questa Terra. No, lui aveva deciso di restare e fare di me il suo bersaglio prediletto, colui contro il quale dover sfogare tutto il suo odio, tutto il suo profondo rancore, tutta la sua rabbia. Il giovane Salvatore, con il tempo, aveva compreso quanto me che non gli avevo portato via soltanto del tempo, trascinandolo con me tra i territori di mezza America alla ricerca di branchi di licantropi. Lo avevo privato di un pezzo della sua vita, che non sarebbe più potuta tornare come prima; gli avevo distrutto un probabile futuro, lasciandolo senza più niente. Allontanarlo da Elena, farlo tornare ad essere ciò che era quando ci incontrammo la prima volta, uno squartatore, significava impedirgli di tornare alla sua vecchia vita, anche quando avrebbe potuto riprendere a riviverla da capo. Come avrebbe potuto infatti tornare a stare accanto ad Elena dopo che nella sua assenza il rapporto di lei e Damon si era fatto più stretto? Come poteva tornare da lei e non essere ancora sicuro di chi lui fosse: un fidanzato ancora innamorato, o uno squartatore in grado di farle ancora del male?
    Gli avevo privato molto più di quello che pensava, e aveva scelto lui di privarsi di ciò. Tutto solo per salvare suo fratello, che adesso si divertiva come più gli piaceva con Elena. Ironico quanto sia inutile immolarsi per una buona causa nei panni dell’ eroe, quando la buona causa farebbe di tutto per avere l’ amore che hai lasciato per salvargli la vita. Ferito, frustato, infuriato che fosse il giovane Salvatore non avrebbe dovuto spingersi fino a tanto. Aveva fatto fuori nel giro di poche settimane otto dei miei Ibridi, l’ ultimo nella mia casa, davanti ai miei occhi. Era troppo e, anche se provavo una sorta di legame con il vecchio Stefan di un tempo, non riuscendo mai ad essere completamente obiettivo con lui, adesso mi rendevo conto di quanto dovessi rimetterlo a suo posto: in basso. Lo avevo avvertito, gli avevo consigliato di smettere di giocare, perché sapevo quanto non riuscisse ad essere mai così cattivo, mai tanto spietato quanto me, e avrebbe finito per non riconoscersi più o fermarsi prima e non ottenere proprio niente. Non avrebbe toccato il fondo solo per averla vinta e vedermi lasciare la città, non ne sarebbe stato in grado. Ecco perché decisi di prendere solo adesso di petto la situazione. Avevo sperato in un barlume di lucidità da parte sua, ma avevo sopravvalutato le sue doti, a quanto pare. Beh lui voleva la guerra, ed io gli avrei dato esattamente ciò che voleva. Lo avrei colpito, amico dopo amico, affetto dopo affetto, colpendo sempre più vicino al suo cuore. Ero io ad avere il coletto dalla parte del manico, non mi interessava quanti colpi di scena poteva mettere su quel vampiro, io lo avrei preceduto in ogni mossa, sarei stato più scaltro in ogni pensata, sarei stato più malvagio e cinico in ogni mia reazione. Adesso stava a me mettermi in gioco, e volevo giocare le mie carte bene sin da subito, come mi era familiare fare. Avevo un esercito, persone che avrebbe eseguito tutto ciò che desideravo solo chiedendo loro di farlo, ma adesso avevo bisogno di uno di loro in particolare. Era il mio primo Ibrido e, con tutte le probabilità, quello che più di tutti gli altri avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di non partecipare a questa guerra tra me e Stefan. Purtroppo però ero io a scegliere cosa fare o cosa no e mi servivano i suoi servici per ottenere ciò che volevo, con o senza la sua approvazione. Non gli avevo ancora chiesto mai niente di importante, non poteva certo dirmi che lo avevo sfruttato ultimamente, anzi, gli avevo lasciato campo libero per qualsiasi cosa, chiedendo lui solo lavoretti davvero banali ed innocui. Quindi, era bene che fosse disposto a partecipare al mio piano, e se proprio non avesse voluto.. peggio per lui, avrebbe comunque eseguito il mio ordine, con o senza la piena consapevolezza delle sue azioni, ed allora si sarebbe sentito ancora più colpevole ed impotente davanti al mio potere sui di lui.
    Mandai a chiamare Tyler dunque, subito dopo il mio incontro con Stefan, ordinando ai miei ibridi di pulire il casino che aveva fatto quello sciocco vampiro. Un legno di mogano come quello del mio parquet non si poteva vedere sporcato di sangue, era un peccato mortale. Pulisci prima che tutto questo possa darmi davvero la nausea.. ordinai verso Andrew, con un sorriso finto stampato sulle labbra, sicuro che lo avrebbe fatto nel giro di qualche secondo. Non volevo sangue e teste staccate nel mio salone appena ristrutturato, soprattutto perché mi ricordava cosa quel Salvatore si era permesso di fare, a casa mia. Odiavo chi mi mancava di rispetto in quel modo, doveva solo ringraziare la mia insana voglia di spingerlo al limite delle sue possibilità, il mio desiderio di giocare al suo stesso gioco per vederlo alle strette, con le spalle al muro, in preda al desiderio di scongiurarmi di fermare tutto ciò che stavo portando avanti. Stefan era un debole, e non avrebbe potuto toccare ciò che più mi era caro in quella cittadina, Elena, dunque non correvo alcun rischio. Avrebbe potuto uccidere altri Ibridi, io li avrei ricreati altri. Ma se io avessi ucciso suo fratello? Chi avrebbe potuto rimpiazzare questa figura nella sua vita, nh? Nessuno. E quella mancata lo avrebbe ucciso da dentro, fino a farlo crollare del tutto. Ecco perché la solitudine è sinonimo di onnipotenza. Nessuno avrebbe il modo di colpire altri per farti cedere, nessuno troverebbe un tuo tallone d’ Achille in persone a te care. Chi non ha niente e nessuno da perdere non può essere ferito, non può essere mai davvero sconfitto.
    Finalmente lo sentii arrivare, e fare intrusione nel mio grande salone d’ ingresso. Mi voltai verso la sua persona. Ecco lì, Tyler Lockwood. Già pronto a dirmi di no, già crucciato al solo pensiero di cosa diavolo volessi da lui adesso. Beh tutto ciò mi faceva solo sorridere al momento, ovviamente, ma ero curioso di sapere la sua sul mio piano, e soprattutto di vederne la reazione, perché.. ci sarebbe stata, eccome se ci sarebbe stata, e già mi gustavo la scena. -Mi hai mandato a chiamare?- domandò senza troppo entusiasmo. Peccato che il ragazzo non riuscisse proprio a vedermi come la sua fortuna più grande, avremmo potuto fare molte cose insieme. Era un ottimo elemento con cui lavorare, se solo si fosse tolto quel suo carattere così ribelle e da testa calda che si ritrovava ai suoi giovani 18 anni.
    Infondo credevo che quel ragazzo potesse essere di più che il semplice spaccone della scuola, quello tutto muscoli e poco altro, sapevo che dentro di lui risiedeva uno spirito forte e temprato, capace di buttare giù qualsiasi ostacolo solo per la volontà con cui avrebbe potuto desiderare ardentemente quella meta. Era un buon elemento, come ho già detto, ma non era con me che avrebbe voluto collaborare se solo avesse avuto la facoltà di scegliere. Meglio per me, pensai distrattamente, mentre osservavo quel volto che attendeva con ansia la mia parola. Sì Tyler, mi serve il tuo aiuto.. iniziai col dire, lasciando che il mio tono si mostrasse tranquillo e cordiale, come sempre ero con i miei ibridi, ad eccezione del momenti in cui qualcosa o qualcuno mi faceva saltare i nervi. Feci qualche passo verso di lui, puntando le mie iridi nelle sue, che si stringevano, sempre più preoccupate delle parole che da lì a poco avrebbero potuto uscire dalle mie labbra. Sai, Stefan sembra non capire contro chi si stia mettendo contro e.. credo fortemente che noi siamo costretti a doverglielo ricordare.. aggiunsi, ormai prossimo alla figura del giovane, sempre più in allerta, sempre più preoccupato di quella che poteva sembrare la mia insanità e instabilità mentale.
    Perché tenerlo troppo con il fiato sorpreso, quindi? Meglio tagliare corto e dirgli subito di cosa avevo bisogno, pensai maleficamente, sicuro che avrebbe dato di matto al solo sentire la mia insolita richiesta. Ho bisogno che tu morda Caroline.. ordinai, con una tranquillità che stonava di gran lunga con l’ espressione che invece si palesò subito dopo sul volto di Tyler. A me non sembrava di chiedere poi tanto, infondo io potevo guarirla se.. beh sì, se solo avessi voluto, era questo il piccolo dettaglio che avrebbe dovuto terrorizzare tutti quanti, Stefan compreso. Era così che avrei iniziato la mia battaglia, mettendo a rischio la vita di una amica di Stefan usando il suo “non più fedele” ragazzo, incapace di essere superpartes, poiché asservito a me più che a qualsiasi legge sentimentale che comandava il suo cuore prima del mio arrivo. Tyler era costretto ad obbedirmi, ecco quale era la verità, e lo avrei usato per colpire qualsiasi elemento del gruppo di Elena, per i miei scopi, fino a che Stefan non avesse gettato le armi. Infondo nessuno del gruppo di Elena, meno di tutti Caroline, avrebbe mai potuto lasciare Tyler solo; lo avrebbero sempre tenuto dentro al loro gruppo, avrebbero cercato di aiutarlo. Tutto inutilmente, con loro grande dispiacere, era una mia marionetta adesso.
    Ed eccolo lì il lupo pronto a tutto pur di difendere la sua dolce metà, pronto a ruggirmi contro. Aspettavo solo che venisse fuori per gustarmi la sceneggiata.


    featuring prestavolto - SHEET - ISPIRED BY - DRESSES


    role scheme © danny,, esclusivo per lo shadowsouls




    così mi tentiiiii TYLAHHHH ahahahah XD Masssìì che ce frega di Caroline, amiamoci noi due :<3:


    Edited by ;sun - 12/1/2013, 09:33
     
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    You’ve been there for me through all of it. Don’t turn your back on me now.
    Tyler Lockwood
    TC’erano delle cose che non capivo di Klaus e che probabilmente non avrei mai compreso, ecco perchè non riuscivo a digerire il fatto di doverlo aiutare, qualsiasi cosa mi chiedesse, obbligatoriamente. Sapevo che mai mi avrebbe chiesto di fare una cosa positiva, perchè se avesse voluto, tanto per mettersi in mostra, l’avrebbe fatto lui stesso. Così faceva anche per le cattiverie, quelle reazioni tragicamente impossibili da prevenire, dettate dal suo istinto che alle volte sembrava così simile al mio. Infondo avevamo entrambi l’anima di un lupo, dentro. E lui l’aveva tenuta a bada per secoli e secoli, e ancora secoli. Io molto meno. Ciò non lo giustificava, ovviamente. Ne mi faceva sentire meglio capire di avere una cosa in comune con lui, ma mi facilitava il compito di prendere in considerazione le sue reazioni come istintive o ragionate quando accadevano e riuscire, quindi, a suddividerle. Nel senso che vi erano piani ben calcolati, i suoi, e si capiva perfettamente da come si esprimeva. Difatti leggevi una sorta di soddisfazione nei suoi occhi, come se fosse fiero di aver ideato un piano vincente e soddisfatto già da quel momento per i risultati che avrebbe ottenuto. Manteneva quindi una calma, quella che riscontrai non appena entrai nel grande salotto, e lui di spalle che si voltava per rendermi partecipe di uno dei suoi ultimi pensieri di vendetta. Altre volte però, forse quando davvero veniva colpito nel vivo, reagiva in un modo così feroce da non lasciarti il tempo di pensare. E lo capivi perché la lucina psicopatica in quelle iridi diventava mille volte peggio. Sapevi, un secondo prima che facesse la sua mossa, che avresti avuto seri problemi e, come quando ragionava, anche in quel caso non ti lasciava la possibilità di reagire. E vinceva. Porca miseria, capivo perchè si sentiva un RE, perchè cavolo, gli permettevamo di esserlo. Stefan, Damon, Elena, noi poveri altri immersi in piani di conseguenza e non per ragioni che ci riguardavano davvero in prima persona, lo affrontavamo singolarmente, ideavamo piani geniali che però non lo erano mai così fottutamente geniali da metterlo in un angolo. Era sempre un passo avanti a noi. Ed il nostro problema era che non riuscivamo nemmeno ad essere dalla stessa parte. Oltre al fatto che, nel mio caso ben preciso, c’era la questione dell’asservimento e quindi nessuno mi diceva nulla per paura che riferissi tutto a Klaus. E non gli davo torto ma.. beh, prima che ciò accadesse le cose non erano diverse, quindi si, un po’ mi rompeva starne fuori, da sempre, perché se solo avessero mai avuto la brillante idea di mettermi in mezzo, di prendermi in considerazione, avrei potuto stupirli. Da questo, naturalmente, ero passato a pensare che fosse meglio il contrario. Difatti, riflettendoci, arrivavo facilmente alla conclusione che a me non serviva l’appoggio di nessuno di tutti loro, non mi serviva protezione, qualcuno con cui sfogarmi, che prendesse le mie parti. Loro ne avevano bisogno, perché infondo non erano così forti come volevano dimostrare di essere. Mentre, per quanto fossi meno esperto, ibrido da molto poco tempo, asservito e tutto un mare di cose che complicava parecchio l’idea personale che ALTRI potevano avere di me, io andavo avanti, mi affidavo a me stesso, in ogni caso. Ed avevo Caroline. Che mi bastava, che volevo proteggere perché era l’unica persona di cui mi importava davvero, oltre me stesso. E non si trattava di essere arrogante od egoista. Se qualcuno del team avesse avuto bisogno di me, forse un tempo avrei detto di no ma qualcuno mi aveva insegnato che dare una mano ad un amico, rischiando anche la vita, era una buona cosa, una giusta cosa. Potrei aprire un capitolo su quanto fosse diverso per altre persone, questo concetto, ma non lo era per me, che lo avevo preso, custodito in me, e che prima o poi –quando ce ne sarebbe stato davvero bisogno- l’avrei utilizzato. Era questo che mi distingueva da tutti. Potevamo avere l’istinto in comune, il soprannaturale, gli scatti d’ira, o l’amore per qualcuno. Ma con il tempo iniziavo ad essere più sicuro di me, fiero di me, di quello che sentivo, di come affrontavo certe cose, e di certo di questo passo sarei diventato migliore di tutti quanti messi insieme. Si, beh, non proprio, o forse era solo un sogno, ma da asservito non avevo molta scelta, se non riflettere e sperare che un giorno ne sarei uscito più forte di prima. La stessa forza che misi nello sguardo, riconducibile quindi alla decisione o il pizzico di sicurezza con cui ero in piedi davanti a Klaus, per affrontare una delle sue idee, uno dei suoi piani, uno di quegli obblighi che fino a quel momento non mi avevano mai messo in una posizione difficile. Fino a quel momento, sì, avevo detto bene. Inizialmente mi parlò di Stefan. Quest’ultimo non capiva chi si stava mettendo contro, secondo Klaus. Per me lo capiva eccome. E se ne fregava quel tanto che bastava per rivendicare il suo essere libero, adesso. Egoista e sprovveduto, perché sfidare apertamente Klaus non mi sembrava la cosa più sana e giusta da fare. Ma, chiaramente, non avevano bisogno dei miei inutili consigli. Il fatto che Klaus parlasse di me come un duo che lo legava a lui, la diceva già lunga su quanto fossi limitato da quel rapporto, su quanto non potessi far altro che acconsentire, involontariamente. Perché, di fatto, detta così, guardandomi in faccia, credo avesse lui stesso colto uno sguardo confuso e al contempo contrariato. La confusione era dettata dal mio essere lì o dalla curiosità –negativa- che avevo su cosa aveva da chiedermi. Essere contrariato invece era una reazione naturale, dettata dal fatto che involontariamente potevo anche fare quello che voleva, ma non ero un robot vero e proprio, quindi le reazioni venivano fuori, vuoi o non vuoi, e far parte di quel duo non mi entusiasmava affatto. L’asservimento era una cosa strana. Non solo da vivere ma anche da affrontare. Quindi attesi, senza dire una parola, visto che i miei occhi parlavano da sé. E il colpo finale arrivò. ”Ho bisogno che tu morda Caroline..” Tranquillo, lui. -Cosa? Tu.. No..!- Fu la prima cosa che venne fuori, istintiva, ma non troppo decisa. Però avrei scommesso su qualsiasi cosa che in quel momento le mie pupille si dilatarono. Perché improvvisamente si formò in me una rabbia e una voglia di staccargli la testa che non aveva eguali e che mai avevo davvero sentito nei suoi confronti. Infatti pur sapendo cosa fosse capace di fare, avevo sempre cercato di farmi un’idea su di lui che andasse oltre determinate cose e che riguardasse sostanzialmente me. Una parte di me, quella asservita, gli era grata e sapevo anche quanto gli fosse leale, in un modo naturale e incondizionato, quasi sconosciuto. L’altra lo odiava perché non mi faceva sentire completamente libero; perché non avevo il libero arbitrio e l’indipendenza che sempre, nel corso della mia vita, avevo avuto quando c’era lui nei paraggi o, meglio dire, con la sua sola esistenza. Come in quel caso. Dove, però, la parte leale non la sentii proprio in me.. e non potevo sapere, di certo, che in realtà questa era sul chi va là ed era silenziosa solo perché sapeva di avere la vittoria in pugno. Senza contare che, in quel momento, ragionare non era proprio la mia priorità, e la rabbia che sentivo crescere in me, facendo divampare una fiamma dalla mia gabbia toracica fino ad ogni altra parte del mio corpo –fermandosi fortunatamente prima del cervello, cosa che mi impedì di agire in modo spropositato- mi permise di fare un passo avanti, puntare il suo sguardo con il mio, deciso e sicuro, così fottutamente sicuro da essere senz’altro un’arma a doppio taglio, e dire nuovamente -NO- in un modo lento, ma proprio per questo chiaro, e convinto. Più di quanto fossi mai stato in vita mia. -Io non morderò Caroline, non puoi chiedermelo- continuai, scuotendo il capo, per fargli capire il mio punto di vista anche se non credevo fosse interessato a questo. -Dovrai inventarti qualcos’altro.. non lo farò, ti è chiaro?- Poteva anche staccarmi la testa dal collo, ma non avrei agito così. Non potevo mordere Caroline, l’avrei uccisa. E il solo pensiero mi.. sconvolgeva, mi mandava in tilt il cervello e sono quasi sicuro che in un caso simile avrei desiderato di sparire io stesso. Io l’amavo, porca miseria. Non gliel’avevo ancora detto, nemmeno. E lui voleva che facessi una cosa simile? Era così egoista, spregiudicato? Dio, si! E me lo chiedevo pure? Ma se voleva proprio vendicarsi di Stefan, avrebbe dovuto agire diversamente, e di certo non toccare o far toccare a me proprio Caroline. No. E.. sì, mi stavo opponendo, mi stavo ribellando al suo volere.. questo cosa significava? Che ero in grado di farlo? Che potevo scegliere? Che forse se tenevo di più ad una cosa che l’altra, se il mio volere era maggiore, potevo combattere quello di Klaus, potevo farcela? Speravo di si. Alle volte, però, quella speranza si rivelava tanto vana quanto illusoria.. tanto da rendere ciechi.

    featuring Michael Trevino - SHEET - ISPIRED BY ARTISTA, NOME SONG
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    SONO I DETTAGLI A RENDERE LEGGENDARI.
    Niklaus Mikaelsonn
    Era quanto spingevi qualcuno ad un limite, che ne vedevi uscire la parte migliore, o peggiore se vogliamo. Era così che ero cresciuto, diventato il migliore, finendo per non aver più alcun limite personale, lasciando agli altri quelle linee immaginarie che frenano la tua stessa persona dall’ andare oltre e acquistarne d’ esperienza, di forza, di consapevolezza. E così stavo provando a fare con Tyler, sperando che sapesse fidarsi di me, lasciandosi guidare oltre il confine dal mio giudizio. Sapevo che non avrebbe preso di buon grado la mia richiesta, ma onestamente non mi interessava, mi lasciava indifferente il pensiero che potessi costringere il bel ragazzo a mordere la sua dolce metà, e quindi rischiare di porre fine alla vita della sua ragazza, struggendo il suo animo. Forse, dalla mia, avevo la consapevolezza di ciò che sarebbe avvenuto, per questo non mi crucciavo più di tanto, senza farmi grandi problemi nel richiedere una cosa del genere. E poi sprai in una piccola dose di giusta incoscienza da parte sua, appunto, credendo che si potesse fidare di me, anche se in gioco c’ era una persona a lui cara. Certo, non potevo giurare che tutto andasse come avevo programmato, ma una buona dose d’ istinto, ed esperienza, mi suggeriva che sarebbe andato tutto liscio, in qualsiasi caso. E se così non fosse stato, il mio piano B, C o D avrebbero fatto la loro comparsa, uno dopo l’ altro. Uno stratega non può permettersi un solo piano d’ emergenza, non può lasciare i dadi completamente in mano alla sorte, come direbbero in molti. Ho sempre pensato che non esistano speranze, fortune o casualità donate da un ente superiore senza che tu sia coinvolto per averle. Ogni situazione è frutto del nostro volere. Agisci come se quell’ obiettivo sia già tra le tue mani, pensalo come se fosse tuo, come se ti appartenesse, come se lo possedessi già; desideralo ardentemente, e l’universo si piegherà al tuo volere, seguendo leggi matematiche, donandoti ciò che hai imposto di volere. Non ci sono regole. Fornisci i desideri, le sensazioni.. e l’universo risponderà. Tutto ciò che siamo è il risultato di ciò che abbiamo pensato. Ed era questo che gli umani non riuscivano a comprendere, ed era da qui che sorgeva la loro inutile nullità di vita.
    Ma adesso avevo un Ibrido al quanto sconvolto davanti ai miei occhi, e mi dovevo curare di lui, o per meglio dire, del suo spirito combattivo. Sperai che non si spingesse troppo oltre, sfidandomi a mettere in dubbio il legame d’ asservimento, ma forse chiedevo troppo da un lupo come lui.
    Cosa? Tu.. No..!- Il mio volto tornò rigido, smorzando il sorriso irrisorio che si era posato pocanzi sul mio volto, fissando le iridi infuocate di Tyler, più sconvolto di quando era entrato nella mia residenza.
    Non farmi ripetere.. suggerii lui, leggermente irritato dalla sua reazione,a pur sempre composto nei miei modi così come nelle mie espressioni.
    Il suo silenzio, mi anticipò una resa, in parte prevedibile. Ed invece accadde tutto il contrario: fece un passo verso di me, avvicinandosi con fare minaccioso, oltraggioso oserei dire. Era davvero furioso, convinto di potermi disubbidire perché il suo amore era più forte di qualsiasi altra cosa, non è così? Lo dicono tutti. Ma poi tutti quanti tradiscono, mentono o hanno qualcos’ altro di più importante a cui tener fede. –NO, Io non morderò Caroline, non puoi chiedermelo- Il suo tono non fu vorace come mi aspettavo, ma tutto il suo corpo si stava ribellando a ciò che il suo Sire gli stava chiedendo, lo si poteva vedere in ogni particolare. Era diviso a metà, e potevo immaginare quanto potesse essere difficile convivere con due entità diverse residenti nello stesso corpo: un istinto che ti urla di rifiutarti, ed uno spirito che ti convince che è la cosa giusta da fare, come se fosse un tuo obbligo morale verso quella precisa persona che ti sta chiedendo quel servigio. Che si torturasse ancora quanto volesse, a me non importava. Volevo solo ciò che gli avevo chiesto e, come ho già detto, lo avrei ottenuto a qualsiasi prezzo.
    Puntai i suoi occhi, rilassando ogni fibra del miei muscoli, che prima si erano appena irrigiditi per quel suo modo, che mi fece saltare i nervi. Appena vidi il lupacchiotto così sicuro di sé, e allo stesso tempo terrificato dal non sapere se fosse davvero riuscito a mantener fede alla promessa fatta a se stesso, infatti, le mie labbra si sollevarono in un sorriso, quasi divertivo dalla scenetta messa in atto da Tyler. Struggente, quasi convincente, pensai tra me. Sto mettendo alla prova la tua fedeltà, Tyler.. commentai persuasivo le sue parole, sicuro che l’ ibrido davanti a me non si curasse affatto di esse; fondamentalmente perché essermi fedele era l’ ultima cosa che avrebbe mai desiderato, anche se avrebbe finito per esserlo da qui all’ eternità.
    Dovrai inventarti qualcos’altro.. non lo farò, ti è chiaro? Era proprio convinto il ragazzo. E perché non lasciare lui la vana speranza di credere di poter davvero scegliere se obbedirmi o meno? Sarebbe stato sicuramente più drammatico, e per me più divertente, vedere il momento in cui si sarebbe palesata davanti ai suoi occhi la cruda verità. Non poteva fuggire al mio volere. E nel punto esatto in cui avrebbe iniziato a credere di essere riuscito a sviare il mio comando, proprio allora, avrebbe eseguito cinicamente i miei ordini, provocando panico e shock nella sua persona, e in quella di Caroline, consapevole quanto lui che quel morso avrebbe finito per rubarle la vita, per sempre. Così era tutto più tragico, carico di pathos, e forse avrebbe finito per essere più teatrale di quanto avessi immaginato in prima battuta. Ed io amavo le tragedie.
    Ok, ok.. beh sei libero di scegliere, fai come credi.. mentii spudoratamente, con un sorriso sprezzante sulle labbra, riconoscibile per chi, come Rebekah, sapeva perfettamente che quella era la mia firma della menzogna. Ma il povero Tyler forse si era davvero convinto di poter essere libero, ed andare contro il mio volere. Troverò qualcos’ altro per contrastare Stefan, anche se non nascondo quanto tu mia abbia deluso Tyler.. aggiunsi poi, con una nota amara, guardando il ragazzo.
    Mi allontanai di poco, stanco di quel faccia a faccia “recitato”, voltandogli le spalle per tornare a gustare il mio bicchiere di cristallo, con del sangue fresco all’ interno. Sentendo ancora la sua presenza alle mie spalle, in attesa di un congedo, mi voltai appena.
    Puoi andare Lockwood, non mi servi più in alcun modo.. feci cenno con il bicchiere indicando la strada per la porta d’ ingresso, che il ragazzo sapeva perfettamente. Dentro di me albergava già la vittoria. Peccato che Tyler non si fosse assicurato prima del tempo che non era, in alcun modo, in grado di sviare le mie richieste e fare di testa sua. Se avesse acconsentito le cose sarebbero state più veloci e facili, ma forse adesso avrebbero finito con l’ essere sicuramente più convincenti e traumatiche per tutti, proprio quello di cui avevo bisogno. Lockwood avrebbe morso Caroline, ed io, come un perfetto galantuomo, mi sarei palesato a casa di Caroline, dopo la visita di Tyler, distrutto per ciò che aveva appena fatto, carico di odio verso la mia persona, ma pronto a fare di tutto, a condizione che salvassi la vita di Caroline. Ed io? Sarei stato pronto, e ben predisposto, ad aiutare la figlia dello sceriffo. Ma niente si fa per puro favore, e lo sceriffo avrebbe capito bene che da lei avrei desiderato avere in cambio qualcosa. Il suo appoggio. Così viene chiamato nella maniera più gentile e vaga possibile, credo. Infondo le salvavo la figlia, non era uno sforzo così maestrale quello che chiedevo lei.


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    Libero arbitrio. Ci avevo riflettuto così tanto, nelle ultime settimane, da esserne stanco. Qualsiasi cosa pensassi o volessi fare era inutile, fintanto che le permettevo di rimanere una sola riflessione persa fra tante. Agire, del resto, non era così difficile per un tipo dal carattere come il mio. Il problema semmai era che quell’istinto che mi aveva sempre comandato, veniva lievemente accantonato quando vi erano altre priorità o conseguenze, rischi in ballo. Sapevo che se avessi dichiarato a me stesso, una volta per tutte, di dover dare una svolta mi sarei messo contro il nemico numero uno e forse avrei creato non pochi problemi anche a chi mi circondava. Forse per questo, e anche perché non sapevo ancora bene come poter oppormi a lui, ci andavo con i piedi di piombo, ci riflettevo, sembravo vacillare tra il mio volere e quella che era, in quel momento, la realtà.
    Una realtà condizionata dal volere di Klaus, dalla lealtà che sentivo verso di lui. Se solo fosse stato diverso.. Se solo non avesse avuto quella smania di uccidere me e i miei amici, o chiunque sulla faccia della Terra, come se niente fosse.. Se..; nel suo caso non ve ne era neppure uno da prendere in considerazione. Lui dettava legge, ed io dovevo eseguire i suoi ordini senza batter ciglio, senza chiedergli niente. O meglio. Non era proprio così. Nel senso che mi dava anche la possibilità di ribattere, ma era l’arroganza e la sicurezza di fondo che aveva a disarmarmi completamente. Potevo dirgli di no, come infatti stavo facendo. Potevo sperare che cambiasse idea. Ma per quanto fossi determinato soltanto verificando di persona, con Caroline, avrei saputo quanto quella lealtà fosse forte. Il momento della verità, no? Però non ancora. Ero lì, di fronte al mio sire, e speravo che mi dicesse qualcosa in grado di cambiare l’andamento della conversazione e dell’istinto che la natura mi chiedeva di prendere. Descrivere, difatti, quello che sentivo in quel momento non è una cosa semplice. Naturalmente c’era un contrasto netto tra i miei sentimenti e le sensazioni che nascevano in conseguenza ad altro. E potevo percepire chiaramente la linea sottile che vi era a dividere la zona bianca da quella nera. Io ero in una zona grigia. Dove credevo di poter controllare la cosa, di potermi opporre, perché lo stavo facendo egregiamente senza sentirmi obbligato fisicamente a fare qualcosa come accadeva con il soggiogamento, ma con una vocina dell’inconscio che mi suggeriva di non puntare tutto su quello, di non esserne sicuro. Il fatto è che, oppormi letteralmente a Klaus, dicendogli che mai avrei morso Caroline perché chiaramente questo mi avrebbe distrutto oltre che distruggere lei, e affrontarlo faccia a faccia tutto fece fuorché tenermi con i piedi per terra. Nell’attimo stesso in cui il mio cervello e il mio cuore entrò nel meccanismo che potevo andargli contro, che non avevo alcun timore a farlo se si trattava di difendere me stesso e persone che amavo, nell’attimo in cui capii che c’era più di una chance per scegliere in base a quello che volevo io e non a quella fottuta lealtà, fu l’adrenalina a riempire gli spazi vuoti del mio cervello, scavalcando ogni alta riflessione; fu la sicurezza e decisione a sostituire il tremore per i nervi tesi dei miei muscoli; fu una specie di immaginario libero a prendere il sopravvento e, di conseguenza, a fregarmi letteralmente. Perché per quanto avrei dovuto tenere i piedi per terra, o magari rifletterci e cercare di capire cosa fare, quando il mio andargli contro ebbe gli effetti che speravo –o meglio, mi illusi di questo- il primo pensiero che sorvolò la mia testa fu darmela a gambe, correre più veloce che potevo e raggiungere Caroline. Per dirglielo, per farle capire che potevo fare qualsiasi cosa, che ero forte ed ero libero. Ma Klaus era ancora lì, che mi fissava deluso e irritato forse dal mio atteggiamento. Cosa che avrebbe dovuto prevedere. Sperava che la lealtà nei suoi confronti potesse oscurare i sentimenti che nutrivo per Caroline? Sul serio? Non c’era nulla che potesse farlo. Potevo non essere il tipo che ne parlava apertamente, che mostrava con gesti al limite dell’esagerazione romantica cosa provassi per lei, ma se c’era una cosa che sapevo e che cercavo di far trapelare a chiunque se ne interessasse era la certezza del mio sentimento per lei e del legame che avevamo. Io ne ero sicuro. E non della bottarella passeggera, non ero consapevole di questo. Consideravo il nostro rapporto qualcosa di unico, che andasse oltre ogni cosa, che potesse superare tutto. Era la parte migliore di me, lei. Ne percepivo il cambiamento che ne scaturiva il suo essermi vicino, il suo voler lottare per me e con me. Era un’esigenza. E questo mi faceva davvero sperare che qualsiasi cosa Klaus volesse non intaccasse il mio rapporto con lei. Anche se il suo intento era questo. Per un attimo pensai anche che mi chiedeva di fare una cosa simile a lei perché era un modo codardo per ricevere attenzioni, nel bene o nel male, proprio da Caroline. Un modo codardo di allontanarci. Sempre che il suo interesse nei suoi confronti fosse sano, ovviamente. Perché io non ci volevo credere, ma le parole di Rebekah non mi avevano completamente abbandonato. Di certo quando poi avevo riflettuto a voce alta con Caroline mi ero tranquillizzato. Ed ora ci metteva dell’altro per farmi agitare.
    Per queste ragioni continuai a puntare il suo sguardo con il mio, a sfidarlo. Mi avrebbe strappato il cuore? Probabile ma.. credevo che per certi versi mi stimasse. Se fossi stato meno coscienzioso e non avessi avuto dei legami a tenermi lontano dalla malvagità o se fossi cresciuto in modo diverso, con un percorso diverso, avrei fatto parte del suo team, sì, perché con il legame d’asservimento mi sarei lasciato andare completamente al suo volere. Forse. Almeno in parte, dai. Semmai mi sarei potuto svegliare dall’incubo solo per me stesso, che era comunque una cosa da non sottovalutare. In ogni caso, in quel momento, avevo molto di più da perdere e per cui lottare, quindi non potevo abbassare lo sguardo, non potevo fingere altro, non potevo non oppormi. E lui doveva capirlo. Doveva accettarlo. Porca miseria, non c’era neanche un minimo di bontà in quell’essere? Di certo mi sorprese, quando disse che potevo fare come volevo. Si dichiarò deluso, o si finse tale, ma quando non lo vidi insistere mi rasserenai. -Sapevi che mi sarei detto contrario a farlo, Klaus- dichiarai, infine, scuotendo il capo contrariato quando parlò di trovare un altro modo. Ovviamente dovevo avvisarli, perché aveva qualcosa in mente, ma perlomeno io ero fuori da tutto. Era quello che credevo, si.
    Quando, quindi, mi disse che potevo andarmene, lo guardai di spalle e senza aggiungere altro mi voltai anche io, dileguandomi in men che non si dica, per evitare che gli venisse in mente altro. Mi aveva messo alla prova ed uno dei due aveva perso la sfida. Credevo di essere uscito io da vincitore ma.. era ancora lunga la strada da fare per venirne fuori. Ed io ero così speranzoso da permettere a questa di accecarmi e credere il contrario. Tanto da uscire da quella villa principesca per raggiungere l’unica persona che volevo vedere, a cui volevo parlare sinceramente per dirle cosa ero riuscito a fare, e l’unica persona che avrebbe –cosa che avrei capito poi- subito le conseguenze della mia malsana sicurezza.

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